L’autobiografia di papa Francesco, scritta assieme al vaticanista della Mediaset, Fabio Marchese Ragona, uscirà in America e in Europa con HarperCollins: il Corriere della Sera che ha letto il libro in anteprima e ne fa un sunto a firma di Aldo Cazzullo. Data di uscita 19 marzo, titolo Life, la mia storia nella storia.
88 anni di vita: Bergoglio parla dell’infanzia argentina (prima lingua, il dialetto piemontese dei nonni); della dittatura Videla, della prima fidanzata e di un’altra sbandata per una ragazza vista una volta sola, superata con la preghiera perché Dio veniva prima; esprime auspici per il futuro, racconta della sua elezione inattesa, dei vaccini contro il Covid, del futuro, dicendo che non sarà un “Papa emerito”.
Le anticipazioni del Corriere sono corpose: “Nonna Rosa, la mia nonna paterna, è stata una figura fondamentale per la mia formazione. I nonni parlavano piemontese; per questo il piemontese è stata la mia prima lingua madre”: da Portacomaro, nell’Astigiano,e Cortemilia, nel Cuneese, a Buenos Aires come milioni di altri italiani: dovevano salire col figlio Mario, padre del Papa, sulla nave Principessa Mafalda che invece affondò al largo del Brasile nell’ottobre 1927. Graziati dal fatto di non aver avuto i soldi per i biglietti, partirono invece quasi due anni dopo con la Giulio Cesare.
Figlio di migranti, cresciuto fra film e canzoni italiane: “Li ho visti tutti. Ricordo in particolare Roma città aperta di Rossellini: un capolavoro. Ma anche Paisà o Germania anno zero, o ancora I bambini ci guardano di Vittorio De Sica”. Il suo preferito però, più tardi, fu La strada, perché Fellini “ha saputo puntare i riflettori sugli ultimi”.
E ancora la bomba atomica in Giappone, l’importanza nella sua formazione della comunista Esther, suo capo in laboratorio: “pur avendo le sue idee, non attaccava mai la fede. E mi ha insegnato tanto di politica… Qualcuno, dopo la mia elezione a Papa, ha detto che parlo spesso dei poveri perché anche io sarei un comunista o un marxista… Ma parlare dei poveri non significa automaticamente essere comunisti: i poveri sono la bandiera del Vangelo e sono nel cuore di Gesù!”
Esther morì nella dittatura Videla, il suo nome è fra i desaparecidos buttati dagli aerei dopo la tortura. Bergoglio cercò di salvare anche lei come nascose e salvò altri, “almeno una ventina in due anni. I servizi segreti penso mi controllassero, per questo mi arrangiavo in qualche modo per depistarli quando ero al telefono o quando scrivevo qualche lettera”. Il Papa parla di un “genocidio generazionale” e regola qualche conto rispondendo a chi lo ha accusato di collaborazionismo: la vendetta “di qualche sinistrino che invece sapeva quanto mi fossi opposto a quelle atrocità”.
Giovanissimo capo dei gesuiti argentini, Bergoglio cade in disgrazia e viene mandato a Cordoba en destierro, in esilio per punizione. È un periodo di meditazione che consolida la vocazione a stare dalla parte degli ultimi. Poi comincia l’ascesa: vescovo, poi cardinale per mano di Giovanni Paolo II, quando Papa Ratzinger si dimette (“Mi ha addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli”) comincia a capire che il suo nome potrebbe emergere davvero quando gli fanno domande sulla sua salute: è il cardinale Santos Abril y Castellò a chiedergli “Eminenza, scusi per la domanda, ma è vero che a lei manca un polmone?”
“Alla prima votazione fui quasi eletto, e a quel punto si avvicinò il cardinale brasiliano Claudio Hummes e mi disse: “Non aver paura, eh! Così fa lo Spirito Santo!”. Alla terza votazione quando fu eletto, “Hummes si avvicinò di nuovo, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri…”. E lì ho scelto il nome che avrei avuto da Papa: Francesco”.
Francesco spiega di essersi vaccinato subito e più volte contro il Covid, e di non averlo mai preso. Ha avuto invece altri ricoveri in ospedale al celebre ultimo piano del Policlinico Gemelli di Roma, e sostiene anche che in Vaticano c’era chi aspettava la sua morte: “Qualcuno era più interessato alla politica, a fare campagna elettorale, pensando quasi a un nuovo conclave. State tranquilli, è umano, non c’è da scandalizzarsi! Quando il Papa è in ospedale, di pensieri se ne fanno molti, e c’è anche chi specula per proprio tornaconto o per guadagno sui giornali”.
Invece, parla delle riforme difficili, e dell’ostilità di parte della Curia: “È vero che quella del Vaticano è l’ultima monarchia assoluta d’Europa, e che spesso qui dentro si fanno ragionamenti e manovre di corte, ma questi schemi vanno definitivamente abbandonati”. Nel conclave del 2013 “c’era una gran voglia di cambiare le cose, di abbandonare certi atteggiamenti che purtroppo ancora oggi fanno fatica a sparire”.
Potrebbe dimettersi? “Penso che il ministero petrino sia ad vitam… Le cose cambierebbero se subentrasse un grave impedimento fisico, e in quel caso ho già firmato all’inizio del pontificato la lettera con la rinuncia che è depositata in Segreteria di Stato… Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare”.
Le anticipazioni del Corriere danno anche due note su due temi caldissimi. Il primo, l’aborto, che per il Papa resta intollerabile: “È una sconfitta per chi lo pratica e per chi si rende complice: dei killer prezzolati, dei sicari! È fondamentale difendere e promuovere sempre l’obiezione di coscienza”, che in Italia rende molto difficile abortire soprattutto nelle regioni del Sud.
Invece confermate le aperture sugli omosessuali: “Immagino una Chiesa madre, che abbracci e accolga tutti, anche chi si sente sbagliato e chi in passato è stato giudicato da noi”. Il matrimonio omosessuale non è possibile, ma le unioni civili sì: “È giusto che queste persone che vivono il dono dell’amore possano avere una copertura legale come tutti. Gesù andava spesso incontro alle persone che vivevano ai margini, ed è quello che la Chiesa dovrebbe fare oggi con le persone della comunità LGBTQ+”.