Centinaia di morti, migliaia di sfollati, violenza ormai generalizzata. Nemmeno più i numeri e le parole riescono a descrivere il caos nel quale è precipitata Haiti, l’isola caraibica che da almeno due settimane è letteralmente in ostaggio di bande criminali pesantemente armate – ma soprattutto senza scrupoli.
William O’Neill, esperto indipendente delle Nazioni Unite sui diritti umani ad Haiti, ha laconicamente descritto la situazione nella capitale Port-au-Prince un “inferno all’aria aperta”. Un inferno dal quale migliaia di persone sono pronte a scappare, mettendo in pre-allarme le autorità di confine della vicina Florida.
Chi si è fortunatamente riuscito a lasciare alle spalle l’anarchia imperante ad Haiti è Mitch Albom, autore di bestseller e giornalista pluripremiato. Il reporter statunitense ha raccontato alla NBC di essere rimasto intrappolato nel Paese in subbuglio, dov’era andato a far visita a un orfanotrofio (Have Faith Haiti) che ha creato e finanzia, e di essere riuscito a fuggire rocambolescamente nel cuore della notte su un elicottero con altre nove persone, tra cui sua moglie Janine.
L’elicottero sarebbe stato approntato in fretta e furia con l’aiuto di due deputati USA che erano venuti a conoscenza del fatto che l’autore fosse bloccato sull’isola, dopo che il Dipartimento di Stato aveva intimato a tutti i cittadini americani di fare ritorno in patria.
“Il Paese è precipitato in una grande tempesta”, ha affermato Albom mercoledì in un’intervista Zoom. “Gli aeroporti erano chiusi. I porti occupati. Le frontiere chiuse. Le strade bloccate”.
Il giornalista sostiene di essere riuscito a portare con sé solo lo stretto indispensabile, ovverosia i passaporti, ma nessun altro effetto personale. A riportarli in patria sarebbe infatti dovuto arrivare un elicottero da 12 posti, ma quello che è arrivato ne conteneva solo quattro. Ciononostante, Albom, otto volontari e sua moglie Janine sono saliti lo stesso.
Correndo verso l’elicottero, Albom ricorda di aver detto a se stesso: “‘Per favore non sentire gli spari. E per favore non lasciare che qualcuno stia filmando tutto questo e possa in qualche modo risalire al luogo in cui ci trovavamo”. “Avevo questo grosso peso nel petto”, continua, “per il fatto che stavamo lasciando i nostri bambini e per cosa sarebbe successo loro”.
Il racconto di Albom, la fuga nella notte, la necessità di lasciare a terra tutti i bagagli per far più posto sul velivolo, la paura di essere identificati e finire ostaggi, perfino un guasto all’elicottero che obbliga a un atterraggio di emergenza nel mezzo del nulla a Santo Domingo. Sembrerebbe un racconto da film di Hollywood, ma in realtà è la cronaca di una realtà distopica ben oltre la fantasia.