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Operazione porto mobile a Gaza: ecco come funzionerà il progetto del Pentagono

Mille soldati coinvolti ma in teoria nessuno metterà piede sulla spiaggia

Adriana CarnellibyAdriana Carnelli
Operazione porto mobile a Gaza: ecco come funzionerà il progetto del Pentagono

La 368esima Seaport Operations Company e la 331esima Transportation Company dell'esercito Usa costruiscono una piattaforma galleggiante accanto alla Merchant Vessel Maj. Bernard F. Fisher al largo di Bowen, Australia, 29 luglio, 2023 /Sgt. Ashunteia' Smith

Time: 3 mins read

Come funzionerà il porto mobile che l’esercito Usa intende costruire a Gaza? A pieno regime dovrebbe fornire due milioni di pasti al giorno alla popolazione palestinese della Striscia, abbastanza da garantire la sopravvivenza nel territorio dove dopo cinque mesi di guerra la gente muore di fame. Ma le sfide logistiche sono moltissime e già si sa che ci vorranno almeno 45 giorni per completare l’intera struttura. Ci vorranno un migliaio di soldati al lavoro ma il Pentagono assicura, “no boots on the ground”, nessuno di loro metterà piede a terra.

L’esercito statunitense è addestrato a questo genere di creazioni anfibie: si chiamano ufficialmente Joint Logistics Over-the-Shore, o JLOTS, e sono già state usate in Kuwait, Somalia, Haiti e in America centrale per missioni umanitarie; l’ultima esercitazione è avvenuta lo scorso luglio in Australia.

Secondo la BBC, gli Usa si appoggiano a una ditta privata poco nota, Fogbow, gestita da ex ufficiali dell’esercito e dell’intelligence. Il piano prevede due elementi da assemblare: una piattaforma galleggiante come molo di attraccaggio e scarico delle merci, a cui si aggiunge una passerella a doppia corsia lunga 1800 piedi (oltre 450 metri) che dovrà raggiungere la spiaggia, tutto costruito da segmenti di acciaio di 12 metri ciascuno. I carichi delle navi cargo saranno trasferiti alla passerella con imbarcazioni più piccole (“logistics support vessels”, o LSVs) e instradate verso la terra su veicoli.

An RT-240 Kalmar forklift from the Seaport Operations Company, 10th Transportation Battalion (Terminal), 7th Transportation Brigade (Expeditionary), drives down a floating pier, during a training exercise called Resolute Endeavor /U.S. Army

La passerella sarà assemblata in mare e poi guidata verso la spiaggia, così che non ci siano americani a terra. È un delicato gioco di equilibri: gli Usa segnalano all’alleato israeliano che non vogliono interferire con quello che accade sul terreno, ma che è imperativo soccorrere i civili palestinesi. Ma secondo un esperto consultato dalla BBC, questo dipenderà nei fatti dalla situazione:  i militari che costruiscono la struttura potrebbero voler verificare la tenuta della sabbia, o dover dare indicazioni sull’angolo esatto di posizionamento della passerella.

A capo di Fogbow ci sono un ex colonnello dei Marinese, Sam Mundy, già alla guida di operazioni in Medio Oriente, e Mick Mulroy, ex ufficiale paramilitare della CIA. La Fogbow dovrebbe entrare in azione per organizzare la movimentazione delle merci. L’operazione, detta Blue Beach Plan, è stata negoziata fra Usa e Israele e comprende lo svuotamento dei container e il carico degli aiuti su camion (in questo modo Israele dovrebbe avere assicurazione Usa che non ci siano materiali “proibiti” utili ad Hamas).

L’esercito israeliano dovrebbe invece garantire operazioni di “sicurezza a terra” per impedire che ci siano folle di civili che cercano di raggiungere gli aiuti: i civili non possono salire sulla passerella.

Oltre alle sfide logistiche ci sono dunque questioni di sicurezza, la possibilità di fuoco ostile (e del resto i soldati israeliani sarebbero stati coinvolti, non si sa in che misura, nel dramma che pochi giorni fa ha visto la morte di oltre cento palestinese all’assalto di un camion di cibo). Una volta a terra, il materiale sarà invece distribuito da palestinesi disarmati.

Al momento gli aiuti alimentari arrivano a Gaza soprattutto tramite lanci aerei, pacchi paracadutati dunque che vengono instradati da qualche giorno anche dagli Stati Uniti. L’altra opzione, l’invio via terra tramite il valico di Rafah, in teoria di gran lunga la più rapida ed efficiente, non basta perché Israele continua a bloccare i mezzi provenienti dall’Egitto e consente l’ingresso solo di una frazione del necessario. Per il momento sia gli Stati Uniti che le organizzazioni umanitarie continuano a far pressione sul governo dello Stato ebraico perché consenta il passaggio dei camion: bisogna gestire la situazione per il prossimo mese e mezzo.

Secondo la BBC, il porto mobile statunitense potrebbe però entrare parzialmente in funzione anche prima: Fogbow starebbe studiando un’opzione per dragare una spiaggia e consentire alle chiatte di arrivare a riva e scaricare gli aiuti a terra.

Altri stanno tentando la via del mare. La nave Open Arms dell’omonima organizzazione spagnola con a bordo 200 tonnellate di cibo è partita lunedì da Cipro e spera di attraccare a un piccolo approdo costruito sulla costa di Gaza da una ong statunitense.

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Adriana Carnelli

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