Sia Biden che Trump si sono assicurati matematicamente le nomine dei rispettivi partiti. Biden lo ha fatto per primo, dopo che ieri sera sono arrivati i risultati della Georgia, e Trump questa mattina, quando si è aggiudicato lo Stato di Washington.
A novembre quindi gli elettori si troveranno a dover scegliere tra due sfidanti che la maggior parte degli americani non vorrebbe. Secondo un sondaggio Ipsos due americani su tre preferirebbero che per la Casa Bianca ci fossero altri candidati.
Biden dopo aver conquistato il numero di delegati per la nomination ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che “Donald Trump sta conducendo una campagna di risentimento, vendetta e punizione che minaccia l’idea stessa dell’America”. Di rimando Trump ha pubblicato un video che dipinge un quadro terribile degli Stati Uniti sotto Biden, “il peggior presidente nella storia del nostro Paese”.
Biden è stato il primo a superare il quorum di 1968 delegati nelle primarie della Georgia. Trump ha dovuto aspettare i risultati dello Stato di Washington per superare la soglia dei 1215 delegati.
Per l’incoronazione ufficiale dovranno aspettare le convention dei due partiti che si terranno in estate. Ma anche se le primarie non hanno più nulla da raccontare la lunga marcia elettorale procede senza soste. Biden oggi è andato a Milwaukee. Trump, invece, impelagato nelle sue vicende giudiziarie, ha trascorso la giornata con i suoi avvocati.
Nikki Haley, pur essendosi ritirata dalla corsa, continua a sottrarre voti a Trump. Una emorragia elettorale che Trump non si può permettere, almeno negli Stati “oscillanti”, quelli che si conquistano per una manciata di voti, come proprio la Georgia è stata nelle passate elezioni. È un segnale di allarme secondo alcuni analisti per l’ex presidente perché tra i repubblicani resta uno zoccolo duro che non lo vuole al prossimo governo. Molti parlamentari del Gop hanno lasciato il Congresso proprio per la mancanza di dialogo all’interno del partito. Trump afferma che vuole cementare l’unità di consensi all’interno del partito e per far questo ha piazzato i suoi fedelissimi ai vertici del GOP trasformando il partito repubblicano nel Partito di Trump. I repubblicani che non seguono le sue direttive non ricevono i fondi elettorali per la rielezione e quindi se ne vanno. Restano quelli che accettano la sua gestione. Per i ricambi al Congresso vengono proposti candidati che giurano fedeltà a lui, estremisti MAGA con poche possibilità di essere scelti dagli elettori. Una presa di potere che verrà giudicata dall’elettorato alle elezioni di novembre, quando oltre alle presidenziali si voterà per rinnovare tutta la Camera e un terzo del Senato.
Oggi i repubblicani contrari a Donald Trump hanno lanciato una campagna a non votare per un ritorno dell’ex presidente alla Casa Bianca. Il programma di Republican Voters Against Trump ha speso 50 milioni di dollari per bloccare la rielezione dell’ex presidente. Fondato dalla stratega repubblicana Sarah Longwell il gruppo si concentra negli stati chiave che decideranno le sorti del nuovo duello elettorale tra Donald Trump e Joe Biden. L’obiettivo è usare la stessa strategia che il gruppo ha usato nel 2020, quando sono state raccolte oltre mille testimonianze di repubblicani che avevano votato per Trump nel 2016 e si erano pentiti. Testimonianze poi diffuse in spot televisivi, radiofonici e sulle piattaforme online. Secondo Longwell la sua campagna è stata 4 anni fa uno dei fattori che hanno determinato la sconfitta di Trump e quindi quest’anno intende raddoppiare gli sforzi per raggiungere un maggior numero di elettori. L’azione si concentrerà in Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin, gli Stati decisero l’esito elettorale in favore di Biden, contestato poi da Trump. “Ex repubblicani e elettori simpatizzanti per i repubblicani saranno cruciali nel 2024, raggiungerli con un messaggio credibile è essenziale per creare di nuovo la coalizione anti-Trump che ha fatto la differenza nel 2020”, ha dichiarato Longwell, spiegando che per quanto gli elettori possano “lamentarsi di Joe Biden” bisogna far capire che “Trump è troppo pericoloso e fuori controllo per essere di nuovo presidente”.
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— Lea Black (@LeaBlackMiami) March 13, 2024
Biden invece è uscito dall’ultima tornata di primarie confortato dall’attenuarsi della protesta degli uncommitted, il voto di protesta della comunità araba per le violenze israeliane a Gaza e per l’aiuto degli Stati Uniti a Israele.
Trump al momento è in testa sia nei sondaggi a livello nazionale (+2,4% secondo la media di RealClearPolitics) che in quelli negli Stati battleground (la media è +4%), tranne la Pennsylvania.
Biden si è aggiudicato la Casa Bianca nel 2020 conquistando i 306 delegati del collegio elettorale contro i 232 di Trump. Questo perché Biden ha conquistato Wisconsin, Michigan e Pennsylvania (che Trump aveva vinto nel 2016) e ha preso Arizona e Georgia. Se Biden e Trump a novembre prossimo vincessero in questi stessi Stati, la vittoria di Biden sarebbe più limitata: 303 delegati del collegio elettorale contro 235, dal momento che la riorganizzazione post-censimento ha cambiato il numero dei delegati tra gli Stati. Ciò ha comportato la perdita di un seggio al Congresso da parte del Michigan e della Pennsylvania e, con ciò, di un delegato del collegio elettorale. Tuttavia questi Stati sono essenziali per Biden per essere rieletto, e c’è una ragione per cui la scorsa settimana il presidente è andato in Pennsylvania e oggi è in Wisconsin e Michigan.
Tra gli Stati campo di battaglia vinti da Biden nel 2020, l’Arizona e la Georgia sono probabilmente quelli che hanno maggiori probabilità di passare a Trump. Ma anche se l’ex presidente si riprendesse questi due Stati, Biden prevarrebbe comunque, con 276 delegati del collegio elettorale contro 262 per Trump.
Per ora, comunque, sono tutti calcoli empirici. Molto dipenderà dalle vicende giudiziarie in cui l’ex presidente è coinvolto e dalla decisione della Corte Suprema sull’immunità assoluta da lui rivendicata il quale ha detto che quando sarà rieletto perdonerà tutte le persone condannate per l’assalto al Congresso.