Dalle parole ai fatti. La nave militare statunitense “General Frank S. Besson” è già partita dalla Virginia alla volta di Gaza, a meno di 36 ore dalla promessa del presidente Joe Biden di costruire un molo temporaneo a Gaza per consentire l’ingresso di più rifornimenti umanitari nell’enclave assediata.
Il Comando centrale degli Stati Uniti ha dichiarato domenica che l’imbarcazione di supporto logistico era in viaggio verso il Medio Oriente per creare la struttura, trasportando “le prime attrezzature per stabilire un molo temporaneo per consegnare forniture umanitarie vitali”, si legge nella dichiarazione.
Durante il suo discorso sullo stato dell’Unione, giovedì, Biden aveva dichiarato di aver “dato ordine alle forze armate statunitensi di guidare una missione di emergenza per stabilire un molo temporaneo nel Mediterraneo, sulla costa di Gaza, che possa ricevere grandi navi che trasportano cibo, acqua, medicine e rifugi temporanei”. Al contempo, l’inquilino della Casa Bianca aveva ribadito l’assoluta contrarietà all’impiego di soldati statunitensi – nonostante la paventata escalation della guerra anche al vicino Libano.
Nelle scorse ore, il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), contrammiraglio Daniel Hagari, ha inoltre spiegato che l’esercito israeliano avrebbe partecipato al coordinamento della costruzione e poi effettuato una “ispezione completa” di ciò che entrerà a Gaza, dando infine il via libera alla distribuzione degli aiuti ai civili palestinesi attraverso le organizzazioni internazionali.
Ci vorrà almeno un mese e forse due per costruire il porto mobile che gli Stati Uniti intendono usare per instradare aiuti umanitari a Gaza, secondo il portavoce del Pentagono, generale Patrick Ryder. Intanto, a cinque mesi dall’inizio dell’offensiva israeliana, fanno il giro del mondo le immagini di Yazan al Kaferneh, morto di fame in ospedale nella Striscia. Il viso emaciato del bimbo di dieci anni tutto ossa fotografato col consenso dei genitori come disperata protesta è stato diffuso da diverse agenzie.
Navi come la General Frank S. Besson sono progettate per dare all’Esercito la capacità globale di consegnare ogni tipo di carico. Hanno rampe di prua e di poppa e la capacità di spiaggiarsi, dando loro modo di scaricare 900 tonnellate di carico in appena un metro d’acqua. Il Pentagono utilizzerà mille uomini per la costruzione del molo, ma nessuno di questi – si precisa – scenderà a terra.
L’imbarcazione dovrebbe completare il corridoio marittimo che gli Usa, la Commissione europea, gli Emirati Arabi Uniti, Cipro e il Regno Unito stanno programmando per consegnare direttamente gli aiuti senza l’intermediazione di Israele. A Gaza, di porti non ne esistono più da tempo.

Non ci saranno quindi soldati Usa sul terreno, ma significa comunque il coinvolgimento dell’esercito statunitense collateralmente al conflitto a Gaza. È anche la seconda misura straordinaria presa dall’amministrazione democratica dopo la decisione di contribuire al lancio di aiuti umanitari sulla Striscia. Ma come fa notare un editoriale del New York Times, l’atteggiamento della Casa Bianca riflette l’impasse in cui si trova nei suoi rapporti con lo Stato ebraico.
Sono annunci che segnalano la crescente esasperazione verso il governo Netanyahu, il suo rifiuto di moderare l’offensiva a Gaza per preservare i civili palestinesi, i continui ostacoli frapposti all’ingresso di aiuti umanitari via terra nella Striscia (nel timore che nei camion siano nascoste armi o materiali utili a Hamas). D’altra parte, l’esercito israeliano agisce a Gaza ormai da cinque mesi – dal 7 ottobre, giorno dell’efferato attacco di militanti di Hamas in terra israeliana con l’uccisione di 1.200 persone e la presa in ostaggio di centinaia di persone, molte delle quali ancora a Gaza — con le armi statunitensi. Il bilancio delle vittime palestinesi è ormai di quasi 31.000 morti. Ai decessi per le bombe e per la distruzione delle strutture sanitarie si aggiungono quelli per fame.
Il 29 febbraio a Rafah oltre cento palestinesi erano morti in un incidente attorno a un camion di aiuti, vicenda ancora non chiarita (non è chiaro quanti abbiano perso la vita nella ressa e quanti per gli spari dei soldati israeliani sul luogo).
Yazan al Kaferneh aveva dieci anni quando è morto lunedì 4 marzo, e secondo la sanità di Gaza è uno dei 20 bambini morti fin qui di malnutrizione e disidratazione. La sua colpa era anche di soffrire, per una carenza di ossigeno durante il parto, di una forma di paralisi cerebrale. Altra colpa: essere stato sfollato dalla sua casa nel nord di Gaza. Il decesso è avvenuto in una clinica pediatrica di Rafah, dopo giorni di ricovero. “Un bambino che soffre di severa denutrizione” dice al NYT l’esperta Heather Stobaugh di Action Against Hunger “è facile preda di qualunque virus e spesso muore di infezione, ma non sarebbe morto in condizioni normali”.
Quasi tutta la popolazione della Striscia è stata sfollata verso il Sud, un milione e mezzo di profughi, e non c’è cibo (per non parlare di cure o materiali sanitari). Gli aiuti inviati via cielo da numerose nazioni, inclusi i migliaia di pasti paracadutati dall’aeronautica Usa, sono “una goccia nel mare” per nutrire i due milioni di persone nella Striscia secondo l’alta funzionaria Onu Sigrid Kaag (la politica danese è stata nominata il 26 dicembre scorso Coordinatrice per il Soccorso umanitario e la Ricostruzione a Gaza).
Nel frattempo l’organizzazione non governativa spagnola Open Arms invierà verso Gaza la sua omonima nave (una di quelle che pattugliano il Mediterraneo alla ricerca di migranti naufraghi) carica di 200 tonnellate di cibo fornito dalla associazione statunitense World Central Kitchen. Dovrebbe partire da Cipro entro il weekend usando appunto il corridoio marittimo, ma non è chiaro dove possa attraccare.
Proseguono intanto i tentativi di negoziare un cessate il fuoco tra Israele e Hamas a Gaza, nonostante le speranze di una tregua durante il mese sacro musulmano del Ramadan si siano affievolite.
Il capo del Mossad, David Barnea, ha incontrato venerdì il suo omologo statunitense, il direttore della CIA William Burns, per promuovere un accordo che preveda il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani nelle mani del gruppo, ha dichiarato il Mossad in un comunicato.