Nei giorni scorsi a Port-au-Prince, la capitale di Haiti, migliaia di detenuti sono fuggiti dalla prigione principale, dopo che bande armate hanno preso d’assalto la struttura in un’esplosione di violenza.
Il carcere, inizialmente progettato per contenere 800 detenuti, pare ne contenesse circa 4000, quasi tutti evasi dopo che le bande hanno sbaragliato le forze di sicurezza assumendo il controllo. Fra gli evasi numerosi leader della criminalità organizzata e alcuni uomini accusati dell’omicidio dell’ex presidente Jovenel Moise, ucciso nel luglio 2021.
Le violente proteste antigovernative si sono intensificate quando il primo ministro ad interim Ariel Henry, non ha indetto come previsto le elezioni che avrebbero dovuto tenersi entro il 7 febbraio e ha sostenuto che prima fosse necessario “ripristinare la stabilità” all’interno del paese.
Negli scontri sarebbero state uccise almeno dieci persone, fra cui quattro poliziotti: le forze dell’ordine haitiane, nell’impossibilità di frenare gli assalti, hanno quindi dichiarato lo stato d’emergenza e diramato un appello per mobilitare anche l’esercito.
I carcerati evasi si sono uniti alle bande criminali e hanno iniziato a attaccare le stazioni di polizia e l’aeroporto internazionale, in una crescente ondata di violenza, senza precedenti.
I vertici delle forze dell’ordine hanno sollecitato gli agenti a rispondere con le armi all’evasione, “perché se l’attacco avrà successo sarà finita”, hanno fatto sapere, “nessuno sarà risparmiato nella capitale perché ci saranno tremila banditi in più in giro”.
Jimmy Cherizier, un ex ufficiale di polizia, noto come Barbecue e ora leader di una federazione di gruppi armati, ha rivendicato gli attacchi e inviato un comunicato alla polizia in cui chiede che venga arrestato il primo ministro Ariel Henry. “Ribadiamo che la popolazione non è il nostro nemico, i gruppi armati non sono il vostro nemico. Arrestate Henry per la liberazione del Paese”.
Henry attualmente si trova in Kenya, dove si era recato per negoziare un contingente internazionale sostenuto dalle Nazioni Unite per riuscire a stabilizzare l’isola caraibica, uno dei luoghi più poveri al mondo e dove ormai da diversi anni imperversa una gravissima crisi, economica, politica e sociale.
Il governo haitiano non ha commentato gli eventi e neppure ha reso noto quando il primo ministro farà ritorno nel paese. I nuovi scontri complicano ulteriormente gli sforzi di portare legalità e ripristinare il controllo nello stato e allontanano di conseguenza la data delle elezioni; le ultime tenute risalgono al 2016.