La misura chiave dell’inflazione statunitense, preferita dalla Federal Reserve, è aumentata in gennaio più di quanto la Banca Centrale avrebbe voluto e gli analisti vedono i piani sui tagli ai tassi sempre più lontani.
Secondo il Dipartimento del Commercio, l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali è aumentato dello 0,3% lo scorso mese, in linea con le attese degli analisti, mentre l’indice core, che esclude la volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia, è aumentato dello 0,4%, la crescita più consistente da gennaio 2023. Il reddito personale disponibile è aumentato dello 0,3% il mese scorso – lo stesso di dicembre – ma è rimasto piatto tenendo conto dell’inflazione.
L’indice generale dei prezzi PCE, su base annuale è cresciuto del 2,4%, molto meno del 2,6% del mese precedente; mentre i prezzi core sono saliti del 2,8%, anche questi in ribasso rispetto al 2,9% di dicembre.
Se i dati annuali fanno sperare in un trend al ribasso- l’inflazione PCE aveva toccato oltre il 7% nel 2022 -, la tempistica non convince la Fed che vuole vedere ulteriori progressi verso l’obiettivo di inflazione annua del 2%, prima di considerare una seria riduzione dei tassi e preferisce congelare i piani almeno fino all’estate, se non fino alla fine dell’anno.
I dati di oggi sembrano offrire segnali contrastanti rispetto al rapporto mensile del Dipartimento del Lavoro sui prezzi al consumo, noto come indice dei prezzi al consumo o CPI, che è generalmente considerato “il rapporto sull’inflazione” ed è in grado di generare titoli sui giornali, animare i discorsi dei politici e muovere i mercati. A gennaio, i prezzi al consumo negli Stati Uniti erano aumentati dello 0,3% , mentre su base annuale si sono attestati al 3,1%. Il dato “core”, ovvero quello depurato dalla componente dei prezzi dei beni alimentari ed energetici era cresciuto dello 0,4%, oltre le attese, mentre il “core” annuale aveva registrato un rialzo del 3,9%, contro attese per un rallentamento al 3,7%. Perché queste differenze sostanziali?
La diversità tra gli indici, dipende dalla loro composizione. tra gli indici dei prezzi CPI e PCE è la loro composizione. Nell’indice CPI, il peso dei prezzi per i diversi articoli dipende da quanta spesa i consumatori dichiarano di dedicare a diversi articoli, sulla base di indagini annuali. Il dato PCE si basa su dove il denaro viene effettivamente speso.
Un settore in cui le differenze di peso in termini di prezzo hanno molta importanza è quello immobiliare. Nel CPI, i costi di alloggio per i proprietari di case e gli affittuari rappresentano circa il 34% del peso dell’indice, mentre sono solo il 15% del PCE. Ecco perché i prezzi elevati degli alloggi hanno portato il CPI al +3,1%. Invece le spese sanitarie sono l’asse portante del PCE con oltre il 16% di peso, che si riduce al 6% per il CPI. Le due misure dell’inflazione saranno destinate a divergere almeno fino alla primavera, quando si prevede che un serio raffreddamento dei prezzi, porterà anche ad una convergenza degli indici.