Alcuni giorni fa, il governo colombiano ha annunciato una spedizione di esplorazione subacquea tramite un sottomarino per recuperare il carico, che si stima possa aggirarsi intorno ai $20 miliardi, dal galeone spagnolo San José, affondato nel 1708, dopo l’attacco da parte di un battaglione britannico.
Secondo gli storici, all’interno dell’imbarcazione che navigava a sud di Cartagena verso la corte di Filippo V, dovrebbero essere rimaste intrappolate monete d’oro, d’argento e pietre preziose. Seppure il relitto sia stato localizzato nel 2015, la sua posizione è stata mantenuta segreta per impedire ai cacciatori di tesori di avvicinarsi.
Il ministro della Cultura Juan David Correa ha precisato che la missione, per decifrare la condizione del relitto, inizierà nella seconda metà del 2024 e il suo costo sarà di $4,5 milioni. Il sottomarino comandato in remoto opererà a una profondità di 600 metri e attraverso le misure adottate “eviterà di modificare o danneggiare il relitto”, per preservare il suo valore archeologico.
Il galeone è stato per molti anni al centro di una disputa internazionale: la Spagna ne rivendica la proprietà perché San Josè era la nave ammiraglia di una flotta della Marina spagnola composta da altre 3 navi militari e 14 mercantili, mentre il popolo indigeno Ohara Ohara, che vive in Bolivia, ritiene che il tesoro del galeone appartenesse a loro prima che venisse saccheggiato dagli spagnoli.
Inoltre è in corso un arbitrato tra la Colombia e la società statunitense Sea Search Armada, LLC, circa i diritti patrimoniali della nave. L’azienda infatti sostiene di aver individuato il relitto nel 1982, prima dell’annuncio ufficiale del governo colombiano e pretende che gli siano corrisposti $10 miliardi corrispondenti a circa il 50% del valore del suo carico.
Secondo alcuni studiosi, fra cui Ricardo Borrero, un archeologo nautico di Bogotà, il recupero sarebbe un’operazione “sconsiderata” e “invasiva”.
“Il relitto- ha infine aggiunto- giace lì perché ha raggiunto l’equilibrio con l’ambiente. Il suo carico è in queste condizioni da 300 anni, e non c’è modo migliore per farlo riposare”.