Il leader dell’opposizione russa Alexei Navalny potrebbe essere stato assassinato con un singolo pugno al cuore, applicando una vecchia e collaudata tecnica degli agenti del KGB. A sostenerlo sulle pagine del Times londinese è l’attivista per i diritti umani Vladimir Osechkin sulla base di fonti anonime provenienti dal carcere siberiano dove è morto il dissidente.
Osechkin, fondatore della ONG Gulagu.net, ha dichiarato al quotidiano britannico che il corpo di Navalny sarebbe stato trovato con dei lividi sulla testa e sul torace compatibili con la tecnica del “pugno unico”.
“Si tratta di un vecchio metodo delle divisioni delle forze speciali del KGB”, ha detto Osechkin, aggiungendo che i servizi segreti “addestravano i loro agenti a uccidere un uomo con un pugno al cuore, al centro del corpo”.
Osechkin sostiene che chiunque ci sia dietro l’assassinio di Navalny – morto ufficialmente per un’aritmia improvvisa – abbia pianificato il tutto con zelo. A partire dalla temperatura del corpo.
“Credo che abbiano prima indebolito il suo corpo tenendolo al gelo per molto tempo e rallentando la circolazione sanguigna”, ha detto Osechkin. Il dissidente 47enne sarebbe stato infatti esposto per quasi due ore al clima rigido della regione di Yamalo-Nenets, dove in inverno la colonnina di mercurio segna minime di -24° C.
“A questo punto”, aggiunge l’attivista, “diventa molto facile uccidere qualcuno, in pochi secondi, se l’agente ha un minimo di esperienza nel campo”.

Sinora sono tante e confuse le ipotesi sulla morte del più celebre critico del Cremlino, finito dietro le sbarre nel 2021 per corruzione ed estremismo – ma pressoché universalmente riconosciuto come prigioniero politico del regime di Putin. L’attivista era stato trasferito a dicembre nel carcere di massima sicurezza Ik-3 in Siberia, per scontare una pena di 19 anni per estremismo inflittagli lo scorso agosto da un tribunale moscovita.
Nel comunicare il decesso di Navalny ai familiari e agli avvocati, le autorità russe sostengono che sia morto per una “sindrome di morte improvvisa“, un termine piuttosto generico che implica problemi cardiaci improvvisi. La vedova del dissidente, Yulia Navalnaya, sostiene invece che il defunto marito sia stato avvelenato con l’agente nervino novichok – lo stesso che era stato versato nel 2020 da alcuni agenti segreti russi in un tè bevuto da Navalny all’aeroporto di Tomsk.
In quell’occasione, l’oppositore venne salvato grazie alla tempestività dai medici di Omsk e quindi trasferito in un centro specialistico in Germania. Dopo essere stato curato, Navalny decise però clamorosamente di fare ritorno in patria, dove all’atterraggio all’aeroporto di Mosca fu speditamente preso in custodia dalla polizia e messo in carcere. Dal quale, tuttavia, non sarebbe mai più uscito vivo.
Osechkin si è detto scettico sull’ipotesi novichok: “Lascerebbe una traccia nel suo corpo e ricondurrebbe direttamente a Putin, visto che ci ha già provato una volta”. Molto più probabile quindi l’ipotesi del pugno fatale, che a suo dire sarebbe già stato usato per neutralizzare alcuni detenuti nella stessa regione.
Il mistero rimane comunque fitto, complice il diniego delle autorità di consegnare il cadavere alla famiglia.