Arthur Engoron, il giudice della Corte Suprema di New York che ha vietato a Donald Trump e ai suoi due figli maggiori di partecipare alla gestione della Trump Organization, ha messo l’azienda sotto la guida di una ex magistrata di 76 anni, Barbara Jones, avvocato ed ex giudice federale.
Jones avrà ora la totale supervisione del conglomerato immobiliare, composto da 415 entità separate che includono proprietà, accordi di licenza e accordi di gestione. Ecco chi è questa donna dalla lunga carriera di inquirente e giurista: una vera nemesi per Donald Trump, che da diversi anni in vari ruoli era già stata incaricata di controllare pezzi del suo impero e delle sue vicende legali.
Barbara Sue Jones, nominata giudice federale nel 1995 dal presidente Bill Clinton, in precedenza era stata il braccio destro del procuratore distrettuale di New York, Robert Morgenthau. Prima ancora, come procuratrice federale, aveva guidato la task force contro il crimine organizzato nel distretto sud di New York, ruolo in cui era stata nominata dall’allora ministro della Giustizia Rudy Giuliani.
Ha seguito il caso reso famoso dal film di Johnny Depp Donnie Brasco. Ha insegnato e praticato legge, ed è passata alla storia per essere stata la giudice che ha riconosciuto che vietare il matrimonio fra persone dello stesso sesso era una violazione della Costituzione (cassando il Defense of Marriage Act), sentenza poi confermata dalla Corte Suprema.
Come giudice federale, guidò il caso sulla frode da 11 miliardi contro il CEo di WorldCom Bernard Ebbers, condannato a 25 anni di carcere.
Negli ultimi anni, Jones si è specializzata nella supervisione di asset finanziari, rispetto delle normative, indagini interne ed arbitrati per lo studio legale internazionale Bracewell. Nel 2018 le fu richiesto dall’arcidiocesi cattolica di New York di condurre una indagine sulle strategie per gestire le accuse di pedofilia e abusi sessuali contro il clero.
Ora avrà in mano le decisioni finanziarie della Trump Organization, l’impero immobiliare fondato nel 1927 dal padre dell’ex presidente e che ha avuto un ruolo centrale nell’immagine pubblica che aiutò Donald Trump a vincere la Casa Bianca nel 2016.
Ma Jones già supervisionava la Trump Organization dal novembre 2022, quando era stata nominata da Arthur Engoron per gestire alcuni settori finanziari della compagnia, dopo che l’Attorney General di New York Letitia James aveva portato Trump e membri della sua famiglia in tribunale con l’accusa di frode contro le banche e gli assicuratori (frodi praticate dando false valutazioni delle proprietà del gruppo). La compagnia doveva quindi informarla di ogni decisione finanziaria. Ma ora sarà necessaria l’approvazione di Jones per qualunque passo che coinvolga il passaggio di informazioni finanziarie a terze parti – e quindi in primo luogo in caso di richieste di prestiti in banca.
A Jones dovrà riferire anche un commissario indipendente che dovrà essere nominato entro 30 giorni.
In un rapporto consegnato al giudice Engoron prima della sentenza, Jones scriveva di aver rilevato numerose “carenze informative” da parte della Trump Organization, in cui i rapporti finanziari erano “incompleti o dimostravano mancanza di trasparenza”.
Gli avvocati di Trump hanno contestato il rapporto affermando che Jones dimostrava un “accanimento degno di Javert”, riferimento al procuratore che perseguita Jean Valjean nel romanzo I miserabili di Victor Hugo (in tempi moderni tornato popolare sotto forma di musical…)
Secondo Jones, i dirigenti della Trump Organization dal novembre 2022 hanno sempre dimostrato collaborazione con lei, ma non le avevano comunicato per tempo alcune transazioni significative, in particolare alcuni documenti fiscali relativi al Trump National Doral Golf Club in Florida e al trasferimento di oltre 40 milioni di dollari dal gruppo a Trump stesso.
Il ruolo di Jones nelle vicende legali di Donald Trump però è ancora precedente. Nel 2018 le era stato dato il compito di controllare i documenti sequestrati all’avvocato del tycoon, Michael Cohen, che più tardi si dichiarò colpevole di evasione fiscale e violazioni delle leggi sui finanziamenti elettorali per aver pagato la modella di Playboy Karen McDougal e la pornostar Stormy Daniels perché non rendessero pubbliche le loro relazioni con Trump.