In migliaia i russi espatriati si sono riversati nelle città europee e statunitensi venerdì sera, il 16 febbraio, per rendere omaggio al dissidente Aleksej Navalny, morto a 47 anni nella colonia penale dell’Artico dove stava scontando una pena di 19 anni, in circostanze misteriose, una “passeggiata” a meno 50 gradi. Mentre la Russia ha annunciato un’inchiesta, senza alcuna fanfara, per i governi occidentali e per i russi nelle strade la responsabilità della morte del leader dell’opposizione, faro di speranza ideale, è tutta e chiaramente di Vladimir Putin.
Manifestazioni anche a Washington davanti all’ambasciata russa, e a New York City davanti al consolato russo.
“Non c’è luce in fondo al tunnel” dice Marina Kalashnikova, estetista. “È come perdere un parente e la speranza per tutta la nazione” aggiunge l’attore Oleg Blinov. “Siamo tutti in shock, è un misto di rabbia, dolore e incredulità” aggiunge Alexander Berezhnoy. “Pensavamo che fosse invincibile, e il potere che veniva da lui era una fonte di ispirazione per tutti quelli che cercavano di immaginare un futuro migliore”. E Yana Kolomenskaya, grafica, dice “ora siamo senza speranza, mi sento completamente inutile”.
“Era un eroe, era un simbolo, era la nostra speranza per il futuro del nostro paese, e ora non abbiamo più futuro, non abbiamo più simbolo”, dice Oleg Mikhalov a Ginevra.
“Sono ancora una cittadina russa e non sono stata a casa per molto tempo per la politica crudele e brutale del governo russo. Per me non è più sicuro visitare la mia famiglia e i miei amici e la mia città” dice Katya Woodyard, studentessa russa a Washington.