Per quasi tre ore i nove giudici della Corte Suprema hanno ascoltato l’esposizione degli avvocati che hanno perorato la loro causa pro e contro l’eleggibilità di Donald Trump dopo che lo Stato del Colorado ha escluso l’ex presidente dal voto per il suo ruolo nell’assalto al Campidoglio in base al terzo capitolo del 14mo Emendamento della Costituzione che vieta l’elezione o la nomina a cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni o rivolte contro la Costituzione che hanno giurato di difendere.
Alla fine dell’udienza i magistrati non sembravano convinti della decisione presa dal tribunale del Colorado. Uno scetticismo diffuso non solo tra i magistrati più conservatori (Clarence Thomas e Sam Alito, Neil Gorsuch) i “meno conservatori” (John Roberts, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett) ma anche tra quelli “liberal” (Sonya Sotomayor, Elen Keagan, Ketanji Brown Jackson) sul fatto che un solo Stato dell’Unione possa decidere chi sia il candidato alla Casa Bianca. C’era consenso tra i giudici che la decisione di escludere un candidato debba essere presa dal Congresso e non dalla Corte Suprema e, tantomeno da un singolo Stato dell’Unione.
La decisione della Corte Suprema non si saprà immediatamente, ma i magistrati devono fare presto perché il 5 marzo ci sarà il Super Tuesday in cui si voterà in 15 Stati, incluso il Colorado. Gli avvocati hanno depositato una mozione chiedendo alla Corte una decisione “veloce”.
All’inizio dell’udienza, l’avvocato dell’ex presidente, Jonathan Mitchell, ha sostenuto che il 14esimo emendamento non poteva essere applicato a Trump perchè il testo parla di “funzionari” e non di presidenti; ha aggiunto che l’esclusione di un candidato presidenziale dalle elezioni è una funzione esclusiva del Congresso e richiede l’approvazione di una legge; aggiungendo poi che il 6 gennaio ci fu una “rivolta popolare”, non una “insurrezione”.
Lo scetticismo dei magistrati è stato dettato non tanto dalle argomentazioni degli avvocati di Trump quanto dal risultato pratico che una loro decisione potrebbe avere sulle prossime elezioni presidenziali accettando che un solo Stato dell’Unione sia in grado di tenere fuori da una elezione un candidato, preoccupati che ciò possa creare una mappa elettorale caotica in cui i candidati sono squalificati in alcuni stati ma non altri – e che altri stati potrebbero squalificare i rivali come punizione.

Nessuna sorpresa da parte dei giudici che compongono l’ala più a destra della corte: Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil Gorsuch hanno tracciato apocalittici scenari se ai singoli stati venisse permesso di decidere quali candidati presidenziali siano insurrezionalisti, in assenza di un chiaro standard nazionale approvato dal Congresso.
Ma i tre giudici non erano soli, anche John Roberts, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett erano poco convinti delle tesi avanzate dall’avvocato del Colorado.
“Si arriverebbe ad avere una manciata di Stati che decidono le elezioni presidenziali – ha affermato Kavanaugh – e questa è una conseguenza preoccupante”. Anche il magistrato capo, John Roberts ha sottolineato che “l’intero obiettivo” della sezione 3 del 14mo Emendamento era quello di impedire ad ex funzionari della Confederazione ad essere eletti a cariche pubbliche, domandandosi perché questa regola debba essere applicata ora e dare ad uno Stato la capacità di escludere un candidato presidenziale. Sia Kavanaugh che Roberts hanno sostenuto che è il Congresso l’organismo che può decidere la squalifica di un candidato.
Forse la cosa più sorprendente dell’udienza di oggi è stata che anche due dei tre magistrati liberal – i giudici Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson – sembravano non disposti a lasciare che siano i singoli stati a decidere chi può o non può prendere parte ad una elezione presidenziale. “Credo che la domanda che ci dobbiamo porre sia perché un singolo stato dovrebbe decidere chi può diventare presidente degli Stati Uniti” – ha detto il giudice nominato da Joe Biden.
Il giudice Sonia Sotomayor è stata la più taciturna: non è stata particolarmente attiva una volta che è diventato chiaro l’orientamento dei suoi colleghi e la direzione che l’udienza aveva preso.