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February 6, 2024
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“Un quinto degli ostaggi è morto”: il rapporto-choc dell’intelligence israeliana

Intanto il segretario di Stato Blinken fa tappa al Cairo dopo l'incontro con il principe saudita MBS

Paolo CordovabyPaolo Cordova
“Un quinto degli ostaggi è morto”: il rapporto-choc dell’intelligence israeliana

A man holding an umbrella walks past a display of pictures of Israeli hostages held by Hamas in Gaza, outside the Kirya military headquarters in Tel Aviv, Israel, 04 February 2024 ANSA/EPA/ABIR SULTAN

Time: 2 mins read

Almeno 32 ostaggi israeliani, circa un quinto delle 136 persone che si stima siano ancora nelle mani di Hamas a Gaza, sono in realtà morti. A rivelarlo è una valutazione riservata dell’intelligence israeliana visionata dal New York Times.

I militari israeliani hanno contattato privatamente i familiari dei 32 prigionieri morti per informarli del luogo in cui si trovano i loro cari. In queste ore i servizi dello Stato ebraico stanno inoltre esaminando informazioni non verificate che suggeriscono che almeno altri 20 ostaggi potrebbero essere morti – buona parte dei quali lo scorso 7 ottobre.

Nel frattempo, il segretario di Stato USA Antony Blinken è arrivato nelle scorse in Egitto durante la sua quinta visita in Medio Oriente dallo scoppio del conflitto. L’obiettivo del capo-diplomatico di Biden è quello di spianare la strada a un accordo tra Israele e Hamas, salvaguardando la popolazione civile di Gaza.

Lunedì Blinken aveva incontrato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman a Riad, prima di trasferirsi appunto al Cairo per incontrare il presidente al-Sisi. Domani, invece, il segretario di Stato si recherà in Qatar e in Israele, dove terrà un faccia a faccia con il premier Benjamin Netanyahu.

A Riad, Blinken “ha sottolineato l’importanza di affrontare i bisogni umanitari a Gaza e di prevenire un’ulteriore diffusione del conflitto” e ha discusso con il principe ereditario “l’importanza di costruire una regione più integrata e prospera”, ha dichiarato il Dipartimento di Stato in un comunicato. Sul tavolo c’è poi anche la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra sauditi e israeliani – bruscamente interrotta proprio agli albori di ottobre quando sembrava ormai imminente.

Le diplomazie di Stati Uniti, Egitto e Qatar hanno messo a punto una bozza di accordo che porrebbe fine al conflitto nell’enclave e consentirebbe lo scambio di ostaggi israeliani detenuti da Hamas e di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Tuttavia, né Netanyahu né la leadership Hamas hanno dato il proprio assenso alla tregua.

Il premier ‘Bibi’ ha infatti pubblicamente affermato che Israele “non accetterà” le richieste avanzate da Hamas per uno scambio che coinvolga migliaia di palestinesi detenuti – ritenendolo sproporzionato e iniquo. Finora i capi della milizia islamista hanno invece mantenuto la linea del silenzio.

Martedì l’esercito di Tel Aviv ha continuato a bersagliare diverse aree della Striscia di Gaza, e in particolar modo la città meridionale di Khan Younis. Un raid aereo israeliano nella città avrebbe colpito un appartamento, uccidendo due genitori e quattro dei loro cinque figli.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza (che fa capo ad Hamas), il numero dei morti palestinesi in quasi quattro mesi di combattimenti ha raggiunto le 27.585 unità. Il ministero sostiene che la grande maggioranza siano donne e bambini, non facendo tuttavia distinzione tra combattenti e civili.

Nell’attacco del 7 ottobre che ha dato il via alla guerra, Hamas e milizie associate hanno invece ucciso quasi 1.200 persone, in maggioranza civili, e ne hanno rapite circa 250.

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Paolo Cordova

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