Una commemorazione interreligiosa per onorare e dare sepoltura ai resti di 19 afroamericani: si è svolta al Penn Museum di Filadelfia, atto di riparazione per aver detenuto per secoli i teschi, parte della Morton Cranial Collection, un progetto di ricerca coloniale dai toni razzisti della prima metà del XIX secolo.
Nel 1830 il dottor Samuel G. Morton e i suoi collaboratori raccolsero da istituzioni che ospitavano neri poveri e considerati malati di mente centinaia di teschi di donne e uomini deceduti. Oltre al metodo, c’era poi l’immoralità dello scopo: dimostrare la superiorità della razza bianca.
I macabri reperti erano originariamente ospitati presso l’Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia ma furono successivamente trasferiti al Penn Museum nel 1966, dove furono esposti nella Morton Cranial Collection.
Tre anni fa il museo si era formalmente scusato per aver accettato la collezione e per averla esposta. Scuse a molti apparse tardive, così come la cerimonia attuale di sepoltura è criticata come un estremo tentativo di nascondere verità scomode prima che i resti potessero essere identificati.
“Non hanno mai fatto alcuna ricerca su chi fossero queste persone, hanno creduto alla parola di Morton” ha dichiarato Lyra Monteiro, archeologa antropologica professoressa alla Rutgers University.
Secondo il reverendo Charles Lattimore Howard, cappellano dell’Università della Pennsylvania e vice presidente per l’equità sociale, c’è profondo risentimento e rabbia nella comunità per come i resti dei queste persone sono stati sottratti e sfruttati. “Eppure, come ministro, provo anche gratitudine e un po’ di sollievo per il fatto che i nostri fratelli maggiori possano finalmente essere sepolti”, ha infine aggiunto.
Nonostante sia stata scelta una sepoltura “fuori terra” per agevolare eventuali processi di ricerca e di identificazione futuri – come confermato dal direttore del museo Christopher Woods – anche la decisione di tumulare le ossa all’Eden Cemetery, un cimitero nero locale e storico a Darby, in Pennsylvania, è stata ampiamente criticata.
Samuel Morton aveva raccolto a Filadelfia almeno 900 crani in qualità di responsabile della formazione di altri medici dell’epoca, e potrebbe aver contribuito a alimentare quello che ancora oggi viene definita la “medicina della razza”; come la “medicina di genere” è influenzata, da molti secoli, dal fatto che un paziente sia donna, così alcuni medici hanno un atteggiamento diverso verso i non bianchi quando si tratta di prestare fede ai sintomi descritti, fare diagnosi e prescrivere terapie. Atteggiamento peggiorato dal fatto che le sperimentazioni mediche tuttora sono effettuate in maggioranza su pazienti maschi e bianchi.
Della Morton Cranial Collection del Penn fanno parte anche 300 resti umani di nativi americani che, secondo le nuove disposizioni relative al Native American Graves Protection and Repatriation Act del 1990, dovrebbero essere tolti dalle esposizioni e restituiti alle tribù dei nativi.
L’American Museum of Natural History di New York chiude due sale dei nativi – La Voce di New York