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Giorno del ricordo: un viaggio di 20 anni con i Presidenti della Repubblica

Fu Ciampi a promulgare ufficialmente la legge che fissa la ricorrenza ogni 10 febbraio

Costantino Del RicciobyCostantino Del Riccio
Giorno del ricordo: un viaggio di 20 anni con i Presidenti della Repubblica

Giorno del ricordo del 2013, il presidente Napolitano premia una studentessa del liceo italiano di Fiume - wikimedia

Time: 11 mins read

“Da quella volta non l’ho rivista più…Cosa sarà della mia città. Non so perché stasera penso a te Strada fiorita della gioventù” con questi versi il cantautore Sergio Endrigo nella canzone “1947” esprime l’amore per la sua  terra, la nostalgia e la sofferenza dell’esodo.

Endrigo appartiene alla generazione degli esuli adulti o adolescenti che, nonostante la lontananza, non hanno mai perso il legame profondo e indissolubile con il paese di origine.

Quest’anno, ricorre il ventennale dell’istituzione del Giorno del ricordo, approvato dal Parlamento italiano  in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale.  

La data, il 10 febbraio, è significativa perchè fa riferimento alla firma del Trattato di pace di Parigi, del 1947, che impegnava  l’Italia a restituire alla Jugoslavia l’Istria, con le città di Fiume e Zara e le isole del Quarnaro.

 Il processo di ratifica, avvenuto da parte dell’Assemblea Costituente il 31 luglio dello stesso anno,  fu terreno di scontro tra le forze politiche e coinvolse  anche i vertici istituzionali. 

 Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato, esitò a firmare  l’atto di ratifica, decidendo di farlo solo quando fu concordata  una formulazione  dalla quale risultava che il governo aveva deciso di procedere alla ratifica del Trattato ma non si  diceva che il governo aveva ratificato.

Una stesura che apparentemente non chiamava in causa un atto di volontà del Presidente. 

La firma fu oggetto di un ultimo sussulto  rinviata di un giorno per evitare, per ragioni scaramantiche, che fosse apposta di venerdì.

Il voto parlamentare del 2004 segna una svolta nella riflessione storica-politica sulle vicende del confine nord-orientale, rimuovendo una   indifferenza durata sessant’anni.

I  Presidenti della Repubblica, in particolare Ciampi, Napolitano e Mattarella, hanno svolto un ruolo cruciale  per far conoscere quelle tragiche vicende,  inserendole a pieno titolo nella storia del  Paese. Un punto di condivisione  per  tutti gli Italiani indipendentemente  dall’orientamento politico.

I Presidenti, massime autorità del Paese, hanno inteso costruire, su  vicende storiche politicamente divisive e cariche di simbolismo, una memoria basata sulla conoscenza storica.

L’obiettivo è superare l’eredità bellica, non basandosi sul risentimento per ciò che è avvenuto, ma proiettandosi verso un futuro condiviso in Europa. Ciampi ha ufficialmente promulgato la legge che fissa la ricorrenza.

Il Presidente riconoscendo il  valore simbolico della data per la comunità dell’Esodo incontrò, con l’iter della legge ancora in corso, una  delegazione della Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati .

Dimostrando  sia  sensibilità umana che istituzionale, Ciampi, nel febbraio del 2000,  visita la Foiba di Basovizza, dichiarato monumento nazionale nel settembre del 1992 dal Presidente Scalfaro, visitato dal Presidente  Cossiga, il 3 novembre del 1991 e dallo stesso Scalfaro l’11 febbraio 1993.

Ciampi, nell’ottobre del  2001, durante la Visita di Stato in Croazia accompagnato dal Presidente Mesic’, incontra  le comunità di Fiume, Rovigno e Pola  composte  da cittadini croati che continuavano a mantenere  un forte  attaccamento alla patria d’origine.

Con parole cariche di sentimento Ciampi  affermò: “Vi sento italiani nel midollo delle ossa”.

Per i presenti  fu  impossibile  non avvertire una profonda emozione   ricordando i tragici eventi del passato.

Fu in quella occasione che, per la prima volta e con cautela, si parlò di un gesto simbolico di riconciliazione da compiere, dai Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia, per superare le divisioni  del passato. 

Il dialogo su questa ipotesi venne  avviato durante i vertici dei capi di Stato dell’Europa centrale, specialmente in quello di Verbania del giugno 2001.

Purtroppo, nonostante gli approfondimenti in diverse riunioni caratterizzate da un clima amichevole e di reciproco rispetto, il progetto di un”gesto di riconciliazione” non si concretizzò.

 Abbiamo dovuto aspettare ancora per assistere a quell’evento tanto atteso.

La sensibilità di Carlo Azeglio Ciampi verso  il tema dell’esilio si era già manifestata nella sua tesi di laurea alla Normale di Pisa, incentrata  su un  testo greco del II secolo che descriveva il dolore dell’esule strappato alle cose più care.

ll  Giorno del ricordo fu  celebrato la prima volta al Quirinale, nel febbraio 2006, accanto a Ciampi  le più alte cariche dello Stato e gli   esponenti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati.

 Il Presidente dopo avere ricordato l’importanza della legge sottolineò: “E’ giusto che agli anni del silenzio faccia seguito la solenne affermazione del ricordo”.

 Sin dall’inizio, la cerimonia non è solo testimonianza di un dovere morale, ma anche  il segno di una  presa di coscienza dell’ intera comunità nazionale, desiderosa di  ricordare senza  risentimenti. 

Il Presidente Napolitano, negli anni successivi , mantiene viva l’attenzione sulla ricorrenza, celebrandola  ogni anno al Quirinale, dal 2007 al 2014.

 L’appuntamento del 10 febbraio  diventa sempre più  patrimonio diffuso della comunità nazionale, e non solamente memoria delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati.

 Nel  2007, Napolitano richiama il dovere delle  istituzioni della Repubblica  di  riconoscere: “la tragedia di migliaia e migliaia di famiglie, i cui cari furono imprigionati, uccisi, gettati nelle foibe. Una delle barbarie del secolo …e la  tragedia collettiva  dell’esodo”.

 In quello stesso discorso  fa un riferimento  all’autunno del 1943: “quando vi fu un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”.

Il Presidente quindi si sofferma sulla “congiura del silenzio”, che ha segnato per anni le popolazioni di quelle terre : “Anche di quella — prosegue — non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”.

L’intervento di Napolitano con  i passaggi sul : “disegno annessionistico slavo” e i : “sinistri connotati di una pulizia etnica”  provoca un’ inattesa presa di posizione del Presidente croato Stipe Mesic, che in una nota si dice “costernato” e  spiacevomente sorpreso per le dichiarazioni del Presidente italiano. 

La risposta  è affidata al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che parla  di una reazione immotivata dettata  da una lettura fuorviante. 

  Mesic sembra  declinare al presente le parole di Napolitano che invece erano considerazioni legate ad un’analisi storica.

 La questione viene risolta  con  una nota congiunta che riconosce  l’assenza nelle parole del Presidente di riferimenti polemici alla Croazia.

Nel  febbraio 2009,  in occasione della ricorrenza, Napolitano fa un  riferimento  alle  responsabilità storiche del regime  fascista  e alle  sofferenze inferte alla minoranza slovena negli anni della guerra.

 In questo contesto, si riaffaccia e si fa strada l’ipotesi di un gesto di riconciliazione con Slovenia e Croazia.

 L’occasione si presenta con  il concerto “Le Vie della Pace” promosso dal Maestro Riccardo Muti che fa  tappa a Trieste, il 13 luglio del 2010. 

In piazza Unità d’Italia, Giorgio  Napolitano, il Presidente sloveno Danilo Turk e quello croato Ivo Josipovic assistono al concerto, iniziato con gli inni di Slovenia, Croazia ed Italia, in un clima di concordia e di volontà di dialogo.

 Lo stesso giorno, i tre Presidenti  depongono una corona di fiori davanti alla Norodni Dom, sede delle organizzazioni degli sloveni triestini, incendiata il 13 luglio del 1920  dai fascisti. 

Episodio che lo storico Renzo De Felice definì: “il  vero battesimo dello squadrismo organizzato”.

I Presidenti si ritrovano, l’uno accanto all’altro, nell’atrio della ex casa del popolo, scrivono  insieme sulla stessa  pagina del libro d’onore. Le   parole condivise testimoniano l’ impegno comune  a costruire  un futuro di cooperazione tra i popoli e i Paesi  che rappresentano.

La stessa scena si ripete dopo poco in Piazza Libertà, davanti al monumento dell’esodo dalle terre natali degli Istriani, Fiumani e Dalmati .

 A Trieste, il 13 luglio, i Presidenti d’ Italia, Slovenia e Croazia  compiono un gesto fortemente simbolico, segnalando  la volontà politica, umana e culturale di ritrovarsi.

  L’obiettivo è ritrovare nell’Adriatico  uno spazio comune dove le giovani generazioni possano costruire un futuro senza essere ostaggio delle drammatiche lacerazioni del passato.

Nel gennaio del 2011, la bandiera slovena  sventola accanto a quella italiana al Quirinale, un’immagine simbolo della prima visita di Stato di un Presidente sloveno in Italia. Dalla indipendenza della Slovenia  mai si era registrato un incontro a così ad alto livello.

Durante i colloqui,  i capi di Stato si rifanno dello “spirito di Trieste” e proprio per suggellare il  momento,  il Presidente sloveno incontra Lucio Toth  esponente di spicco dell’associazionismo degli esuli istriani, fiumani  e dalmati. 

Tra i due, un dialogo cordiale incentrato sulla  collaborazione e le aspettative degli esuli. Il ruolo dialogante e autorevole di Toth viene riconosciuto e apprezzato dagli interlocutori sloveni.

Il  giornalista  ed esule spalatino, Enzo Bettiza, descrive il  primo soggiorno a Roma di Türk  con queste parole “segna emblematicamente, sotto molti aspetti, la chiusura postuma e definitiva di poco meno o poco più di mezzo secolo di storia. Storia tragica in un’altalena di aggressioni e ritorsioni reciproche con connotati ideologici e razziali sempre più disumani”.

Il 3 settembre del 2011,  Napolitano e il Presidente croato Josipovic sono   a Pola, città simbolo dell’esodo italiano dall’Istria e dalla Dalmazia, per assistere al Concerto “Italia e Croazia insieme in Europa”. 

La dichiarazione congiunta rilasciata prima del concerto, nell’Arena romana, rappresenta un passo importante nella normalizzazione dei rapporti tra Roma e Zagabria, è  un appello al dialogo, alla collaborazione e all’amicizia.

Commenta Napolitano: “Fra Italia e Croazia non ci sono più i problemi del passato è fondamentale far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente divisi. Dobbiamo ricordare anche i lati oscuri della storia comune, sia le vittime del fascismo italiano che quelle della folle vedetta delle autorità postbelliche della ex Jugoslavia”.

 La presidenza Mattarella si distingue anch’essa  per un  netto  riavvicinamento ai  Paesi del confine orientale.

Questa vicinanza alle comunità dell’Istria emerge già nel 2004, quando  l’onorevole  Mattarella, firma la proposta di legge per riconoscere  il ruolo del Centro di ricerche storiche Rovigno come  importante istituzione di documentazione e divulgazione.

 In coerenza con le parole dei suoi  predecessori, nel 2015,  pochi giorni dopo la  sua elezione, partecipando alla ceriminia alla Camera dei deputati, ricorda le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo.

 Tali eventi, afferma  “hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia”. Richiama la casa comune europea, sottolineando che questa permette  a popoli diversi di sentirsi parte di un destino unico, nel quale non c’è posto per l’estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.

Il 10 febbraio 2016, da  New York, durante un incontro al  Museo Guggenheim con  la comunità  italo-americana, il Presidente dedica  un pensiero agli esuli costretti ad abbandonare le loro case, approdati negli Stati Uniti  in cerca di un futuro migliore dopo gli orrori subiti.

In varie occasioni, Mattarella riconosce il  contributo prezioso e instancabile delle numerose  Associazioni degli esuli e delle comunità giuliano-dalmate e istriane nell’opera di diffusione della conoscenza su quelle tragiche vicende.

Nel 2018, fa un chiaro riferimento ad  “una tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione su base etnica e nazionalistica”. Nel 2019,  ricorda i “tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista” aggiungendo il termine “infoibato” al catalogo degli orrori del ‘900.

 Nelle celebrazioni degli anni successivi,  Mattarella  richiama le responsabilità del fascismo e la politica brutalmente antislava del regime, elementi cruciali per comprendere le vicende storiche che hanno sconvolto i territori di confine.

Un contributo di notevole importanza alla cooperazione e al dialogo tra Italia e Slovenia è  stato garantito  dai solidi legami personali  tra i Presidenti, Sergio Mattarella e Borut Pahor.

 Il Presidente sloveno e’ stato un  interlocutore attento sia per  Napolitano che per  Mattarella,  con incontri sia in  Slovenia che in Italia, e  durante  le riunioni del “Gruppo Arraiolos”, evento annuale  a cui partecipano capi di Stato non esecutivi delle democrazie parlamentari dell’ UE.

 Per questa sua sensibilità  Pahor  ha ricevuto il Premio internazionale Alcide De Gasperi, dedicato ai costruttori d’Europa e  i “Tre sigilli di Trieste”, il  riconoscimento più prestigioso della Città.

Mattarella, il 13 gennaio del 2018, ha partecipato al Caslello  Brdo, insieme alla Presidente della Croazia Kolinda Grabar Kitarovic, alla cerimonia  per l’inizio del secondo  mandato del  Presidente  sloveno. 

 La data simbolo di una  riconciliazione ritrovata è il 13 luglio 2020,  quando  i Presidenti Mattarella e Pahor si sono tenuti  per mano durante il minuto di silenzio, per rendere omaggio  agli Italiani morti nella Foiba di Basovizza, luogo simbolo di esecuzioni e di occultamento di cadaveri . 

 Il gesto viene ripetuto, con la stessa carica simbolica,  dopo pochi minuti nel borgo di  Basovizza, davanti al cippo che ricorda i quattro sloveni,  fucilati il 6 settembre 1930, condannati, secondo una sentenza del Tribunale speciale, per “attentato contro Stato”.

L’incontro coincide  con il centenario dell’incendio appiccato  dai fascisti al Narodni Dom (la “Casa del popolo”) e  si  conclude con la firma  del protocollo che restituisce  la Casa del popolo alla comunità slovena.

Questi gesti, di grande impatto politico e  forte valore simbolico, sono voluti dai due Presidenti per promuovere un’ autentica riconciliazione.

 Mattarella,  quasi a voler fare un bilancio nel 2023,  richiama   l’impegno congiunto dell’Italia, della  Slovenia e della  Croazia nel trasformare le zone di confine in luoghi  di incontri, di  prosperità  e di speranze.

 La scelta di designare Gorizia e Nova Gorica come  Capitale Europea della Cultura del  2025 testimonia come, per l’intera Unione,  le oppressioni disumane del passato siano  diventate vie di amicizia e comprensione.

I Presidenti italiani, attraverso  parole e gesti,  hanno evidenziato l’importanza di una  ricostruzione storica approfondita, sottolineando  la dimensione europea come cornice per stemperare gli eccessi  politico-ideologici.

Il Giorno del ricordo come un percorso di maturità e di consapevolezza, per  promuovere una vera riconciliazione nelle aree di confine, a lungo  luoghi di contatto fra popoli e culture.

L’obiettivo è superare  le pagine più tragiche del passato, aprendo la strada a un futuro di collaborazione.

                                                                              Costantino Del Riccio

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Costantino Del Riccio

Costantino Del Riccio

Si è occupato di Stampa e Comunicazione con esperienza trentennale presso la Presidenza della Repubblica italiana

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