Il presidente Joe Biden ha emesso un ordine esecutivo contro quattro coloni israeliani in Cisgiordania accusati di aver attaccato sia palestinesi che attivisti pacifisti israeliani nei territori occupati. Un microscopico passo nel gigantesco ginepraio mediorientale per mandare un forte segnale al presidente israeliano Netanyahu per fargli capire che ci saranno cambiamenti nei rapporti tra i due paesi.
Secondo l’ordine, i quattro coloni sono stati coinvolti in atti di violenza, nonché in minacce e tentativi di distruggere o impossessarsi di proprietà palestinesi. Le sanzioni mirano a impedire ai quattro di utilizzare il sistema finanziario statunitense e a impedire ai cittadini americani di trattare con loro. L’ordine di Biden è un passo raro contro il più stretto alleato degli Stati Uniti in Medio.
Alla fine di ottobre la Casa Bianca aveva affermato che la violenza dei “coloni estremisti” equivaleva a “versare benzina” sugli incendi che stavano bruciando in Medio Oriente.
L’azione segna un cambiamento nei confronti di Tel Aviv, anche se l’amministrazione americana aveva già minacciato un rifiuto dei visti. L’iniziativa è stata criticata da Netanyahu che ha difeso i coloni definendoli “cittadini rispettosi della legge”, mentre il ministro delle Finanze di ultradestra Bezalel Smotrich è arrivato ad accusare Biden di “antisemitismo”.

Il governo israeliano, entrato in carica alla fine di dicembre, è dominato da politici religiosi e ultranazionalisti con stretti legami con il movimento degli insediamenti. Al Ministro Bezalel Smotrich, l’infuocato leader dei coloni, è stata concessa l’autorità a livello di Gabinetto sulle politiche di insediamento e ha promesso di raddoppiare la popolazione dei coloni in Cisgiordania. Ma le colonie israeliane sono proprio ritenute il principale ostacolo a una pace duratura fra israeliani e palestinesi e sono spesso al centro delle violenze e tensioni che coinvolgono ciclicamente Israele.
Vennero fondate dopo la fine della Guerra dei Sei Giorni nel 1967 in cui Israele aveva conquistato tutta la Cisgiordania, cioè la fascia di territori che si estende da Gerusalemme fino alla sponda occidentale del fiume Giordano. All’epoca la Cisgiordania era abitata perlopiù da persone di etnia araba, ma gli ebrei la considerano la terra natale dei propri antenati: molti fatti raccontati nella Bibbia sono ambientati in Giudea e Samaria, il nome con cui ancora adesso gli israeliani chiamano la Cisgiordania.
Dal 1967 in avanti molti israeliani hanno approfittato del controllo militare di Israele sulla Cisgiordania per fondare comunità ebraiche, e rivendicare il proprio legame col territorio: ancora oggi parte degli israeliani ritiene che quei territori “appartengano” al popolo ebraico, dato il legame culturale e religioso, e quindi non ritengono di occupare un posto che appartiene ad altri (a maggior ragione se disabitato o incolto, come gran parte dei terreni su cui sorgono le colonie). La prima spinta a realizzare Eretz Israel fu data dal movimento Gush Emunim, Blocco dei fedeli, nel 1974. Guidati dal rabbino Zvi Yehuda Kook, gli israeliani cominciarono da allora a moltiplicare gli insediamenti.

Il governo israeliano ha sempre appoggiato le iniziative dei coloni: per ragioni di ideologia e opportunità politica. Lo stato ha sempre garantito ai coloni tutti i principali servizi di un cittadino israeliano: acqua, energia, raccolta dei rifiuti, disponibilità di case popolari e così via. Il risultato è che trasferirsi nelle colonie è diventato conveniente. E i nuovi insediamenti sono stati occupati e sviluppati dai nuovi coloni che hanno lasciato gli Stati Uniti. Man mano che la popolazione coloniale si è espansa, è aumentata la spinta religiosa interpretata in un’ottica teologica come l’opportunità per realizzare la Eretz israel, la Terra d’Israele. Ora poco meno di mezzo milione di coloni vive tra circa tre milioni di palestinesi in Cisgiordania, in insediamenti considerati illegali secondo il diritto internazionale.
Sulle sanzioni ai coloni israeliani, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale della casa Bianca, Jake Sullivan, afferma: “Il Presidente Biden ha anche parlato della sua preoccupazione per l’aumento della violenza che abbiamo visto in Cisgiordania da parte dei coloni estremisti, che ha raggiunto livelli record nel 2023. Questa violenza rappresenta una grave minaccia per la pace, la sicurezza e la stabilità in Cisgiordania, Israele e nella regione del Medio Oriente, e minaccia gli interessi di sicurezza nazionale e di politica estera degli Stati Uniti”. Sullivan ha poi aggiunto “Oggi il Presidente Biden ha firmato un nuovo Ordine Esecutivo per attuare nuove misure per affrontare azioni che minano la pace, la sicurezza e la stabilità in Cisgiordania. Questo ordine esecutivo permetterà agli Stati Uniti di emettere sanzioni finanziarie contro coloro che dirigono o partecipano a determinate azioni, compresi atti o minacce di violenza contro i civili, intimidire i civili per indurli a lasciare le loro case, distruggere o sequestrare beni, o di impegnarsi in attività terroristiche in Cisgiordania. Le azioni di oggi mirano a promuovere la pace e la sicurezza per israeliani e palestinesi”.
“Israele deve fare di più per fermare le violenze contro i civili in Cisgiordania e punire i responsabili”, ha detto il segretario di Stato Antony J. Blinken, dopo che Joe Biden ha firmato l’ordine esecutivo che permette “una serie di misure” contro i coloni estremisti. “Non c’e’ giustificazione per la violenza estremista contro i civili, qualunque sia l’origine”.
Blinken andrà domenica e lunedì in Israele.