Quella di lunedì passerà probabilmente alla storia come una delle giornate più importanti della medicina contemporanea: il miliardario Elon Musk ha infatti annunciato il primo impianto di un microchip all’interno di un cervello umano, ad opera di un’équipe mista di chirurghi e robot coordinati e resa possibile dalla startup Neuralink.
Lunedì sera, l’uomo più ricco del mondo ha scritto su X che il paziente-pioniere si stava “riprendendo bene” e che i risultati preliminari indicavano “un promettente rilevamento di picchi neuronali”.
L’obiettivo dell’esperimento di Neuralink, noto come “PRIME Study”, è quello di consentire alle persone tetraplegiche di azionare apparecchiature esterne con il pensiero. Come? Inserendo gruppi di elettrodi composti da oltre 1.000 conduttori ultrasottili e flessibili in un chip nella corteccia cerebrale. Funzione degli elettrodi è quella di registrare i pensieri legati al movimento – con lo scopo di interpretare tali impulsi per stampare un testo o muovere un cursore. In altre parole, permettere di agire con il solo pensiero.
Le cosiddette “interfacce cervello-computer” (BCI) si sono già dimostrate promettenti nel consentire alle persone di utilizzare la tecnologia con il pensiero, ad esempio facendo muovere un braccio robotico a pazienti paralizzati. In uno studio recente, un utente è stato persino in grado di giocare “mentalmente” a un videogioco.
Secondo gli esperti del settore, la tecnologia BCI ha potenzialità potenzialmente sconfinate, soprattutto per le persone con disabilità. Ma le idee di Musk vanno ben oltre: il miliardario-tecnologo sostiene che la sua Neuralink sarà in grado di aiutare le persone a controllare i propri ormoni e il proprio umore – il che rientra nella vasta gamma di applicazioni che i ricercatori hanno in mente per la tecnologia BCI.
Fin dalla fondazione della startup, nel 2016, uno degli obiettivi era quello di integrare l’intelligenza artificiale con il cervello umano. I frutti sono arrivati relativamente presto – anche a causa di un lavoro per certi versi ossessivo da parte dei ricercatori di Musk, finiti sotto la lente degli investigatori federali per pratiche di dubbia etica (come il trasferimento di materiali pericolosi e l’utilizzo di cavie animali).
Nonostante le premesse avveniristiche, si tratta comunque ancora di una tecnologia in fase poco più che embrionale – con rischi tutt’altro che marginali (e in gran parte ancora sconosciuti). Per questo motivo finora a prendere parte ai test sarà probabilmente solo chi è affetto da patologie incurabili.
Buone notizie, almeno per il momento, anche per chi è convinto che i chip verranno distopicamente utilizzati per leggere la mente: gli esperti concordano che non si tratta di una evoluzione di prossima attuazione. Il futuro, invece, è tutto ancora da scrivere.