Cinque persone in Gran Bretagna avrebbero sviluppato la malattia di Alzheimer come risultato di iniezioni dell’ormone della crescita contaminato, ricevute da bambini diversi decenni prima. Lo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine potrebbe cambiare il campo di analisi dell’Alzheimer (e causare ansia fra le persone che furono sottoposte alla stessa terapia per stimolare la crescita, almeno 25mila bambini nel globo di cui circa 7.700 negli Stati Uniti).
Lo studio ha preso in esame otto persone che tra il 1959 e il 1985 avevano ricevuto un ormone della crescita prelevato dalle ghiandole pituitarie di persone morte, cinque delle quali hanno sviluppato Alzheimer con insorgenza precoce.
Lo studio sospetta che ciò sia dovuto al fatto che assieme all’ormone dalle ghiandole era stata prelevata una proteina collegata all’Alzheimer, la betamiloide (uno dei parametri predittivi per la diagnosi della malattia di Alzheimer è proprio un aumento del tasso di proteina β-amiloide nel liquido cefalo-rachidiano). Alcuni dei pazienti esaminati dallo studio hanno iniziato a manifestare i sintomi dell’Alzheimer in giovane età: il più giovane aveva 38 anni. La proteina sotto accusa è stata trovata nei loro cervelli dopo la morte.
Lo studio puntualizza che i malati di Alzheimer sono generalmente divisi in casi derivati da mutazioni genetiche, e casi che si sviluppano sporadicamente nelle persone sopra i 65 anni, anche in concomitanza con fattori di rischio come il fumo, l’obesità e l’ipertensione. Ma i pazienti malati di Alzheimer cui era stato somministrato l’ormone contaminato dalla proteina non rientravano in questi due gruppi. Queste persone hanno sviluppato sintomi di demenza tra i 38 e i 55 anni anche se nessuno di essi presentava mutazioni genetiche legate alla demenza a esordio precoce.
Secondo i ricercatori, è possibile che altri pazienti che hanno ricevuto ormoni derivati da persone decedute siano a più alto rischio di sviluppare l’Alzheimer. Ma hanno aggiunto anche che “non si aspettano di vedere un’enorme ondata di casi”.
I ricercatori sottolineano che l’Alzheimer non è contagioso come un virus o un batterio, ma che, come in questi casi, potrebbe svilupparsi in seguito alla somministrazione di un ormone contaminato. Il trattamento ricevuto da quei pazienti, tuttavia, oggi non è più utilizzato.
Paul Kaplowitz, professore al Children’s National Hospital specializzato in disturbi della crescita pediatrica, osserva che i produttori statunitensi hanno sviluppato un metodo che rende più sicuro l’impiego dell’ormone della crescita umana, riducendo significativamente il rischio di contaminazione. Secondo Kaplowitz i pazienti trattati negli Stati Uniti con l’ormone della crescita estratto da pazienti deceduti dopo il 1977 – cioè da quando si utilizza il nuovo metodo – “sono probabilmente a rischio molto basso”.