Nuove immagini satellitari, riportate in uno studio condotto dai ricercatori di Virginia Tech e U.S. Geological Survey e pubblicato su PNAS Nexus, rivelano che la costa orientale degli Stati Uniti sta sprofondando a un ritmo più veloce di quanto precedentemente riportato. In particolare alcune aree, quelle più densamente popolate, fra cui la città di New York, hanno registrato una subsidenza di 5 millimetri centimetri all’anno, rispetto a 2,5 millimetri.
Come spiega Treccani, la subsidenza, il termine utilizzato in geologia per indicare lo sprofondamento, è il movimento di abbassamento di una regione, e in particolare del fondo di un bacino sedimentario (in genere marino) che tende a cedere sia per il continuo movimento della crosta terrestre sia per l’attività dell’uomo, che estrae sostanze dal sottosuolo o lo costringe a carichi forti ed estesi.
I ricercatori di Nexus, attraverso i satelliti che riescono a valutare i “tassi di movimento verticale del terreno”, riportano che “sulla costa orientale degli Stati Uniti, l’alta densità di popolazione e di infrastrutture amplifica l’esposizione dell’area ai rischi di subsidenza”. E in particolare le aree che hanno registrato una maggior subsidenza sono punti nevralgici: metropoli come New York, Baltimora e Norfolk.
Lo studio indica impatti reali e tangibili che interessano milioni di persone e proprietà, come grattacieli, aeroporti, piste di atterraggio, ferrovie. Non implica soltanto lo sprofondamento del terreno, ma anche una maggiore esposizione a inondazioni o a crolli degli edifici. “Abbiamo misurato tassi di subsidenza di 2 millimetri all’anno che interessano più di 2 milioni di persone e 800mila proprietà sulla costa orientale, come gli aeroporti di JFK o LaGuardia”, spiega il dottor Manoochehr Shirzaei, uno dei ricercatori che ha guidato lo studio.