Il cammino del nostro tricolore è iniziato, il 7 gennaio del 1797, a Reggio Emilia quando, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, la Repubblica Cispadana adottò il tricolore come proprio simbolo.
Le tre strisce erano disposte orizzontalmente e non verticalmente: dall’alto il rosso, in mezzo il bianco e in basso il verde. Al centro una faretra simboleggiava l’unione delle popolazioni di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio, mentre le lettere R e C erano le iniziali di Repubblica Cispadana.
Il tricolore fu esposto per per la prima volta all’estero, nel 1797, a Vienna dal rappresentante della Repubblica Cisalpina, Conte Ferdinando Marescalchi, dopo il Trattato di Campoformio. Le cronache viennesi dell’epoca riportarono di manifestazioni di proteste verso un simbolo considerato rivoluzionario accompagnate da minaccie di assalti alla residenza del diplomatico. Con una scelta politicamente felice Carlo Alberto, re di Sardegna, capì che il tricolore, con lo stemma sabaudo, era nella lotta antiaustriaca il miglior simbolo di unità nazionale.
Il tricolore accompagnò l’Italia durante i conflitti mondiali e durante la Resistenza, fu adottato dal Corpo Volontari della Libertà che coordinava l’azione militare di tutte le formazioni combattenti. Nel giugno del 1946 un decreto presidenziale stabilì la foggia della bandiera italiana confermata poi nell’articolo 12 della Costituzione, inserito tra Principi fondamentali. I Costituenti vollero farne – con quella collocazione nella Carta – una scelta non solo simbolica ma di principio.
E perfino dal verbale dell’Assemblea possiamo cogliere l’emozione di quel momento: “Presidente[Ruini]: Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione “La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni”. È approvata. L’Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi. Vivissimi, generali, prolungati applausi. La bandiera rappresenta non solo il segno distintivo della personalità dello Stato sul piano internazionale ma anche la memoria storica dell’identità costituzionale italiana”.

Nel 1947 durante i lavori della Costituente ricorrevano i 150 anni della bandiera cispadana, alla cerimonia di Reggio Emilia fu presente Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato. Il discorso ufficiale venne affidato allo storico Luigi Salvatorelli che disse: “Il nostro popolo è un popolo giovane, che ha dinnanzi a sé l’avvenire. Il tricolore non è abbassato. Esso simboleggia la persistente ragion d’essere dell’Italia una in un mondo rinnovellato; esso ci addita la via per la salvezza della Patria. Nell’unità d’Italia è il segreto del nostro avvenire”.
Cinquant’anni prima, nel 1897, la celebrazione del centenario aveva visto come protagonista Giosuè Carducci che parlò della nascita del tricolore come: “Il Natale della Patria”. Il poeta definì il primo tricolore come bandiera “nazionale” perchè pre-esistente all’Unità. Il Bicentenario fu celebrato, il 7 gennaio 1997, a Reggio Emilia dal Presidente Scalfaro, erano presenti otto parlamentari dell’Assemblea costituente che avevano votato l’art. 12 della Carta.
Il discorso ufficiale fu tenuto dal poeta Mario Luzi e il Maestro Claudio Abbado diresse il concerto del Bicentenario. Il Presidente Napolitano, il 7 gennaio del 2011, scelse Reggo Emilia per dare inizio alla fase più intensa e rappresentativa delle Celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. Il professor Alberto Melloni tenne la prolusione ufficiale parlando del tricolore come “bandiera politica”. Il giorno dopo il Capo dello Stato a Ravenna ricordò come: “ll tricolore è la bandiera di una Nazione che ha radici antiche, nelle quali possono riconoscersi gli italiani di ogni parte; ed è la bandiera di uno Stato che nacque con le insegne della monarchia sabauda, ma che è diventato Repubblica, fondata nella Costituzione”.
Il Presidente Mattarella ha più volte ricordato come la bandiera incarni i valori indicati dalla Carta costituzionale e come il tricolore ha accompagnato con continuità, le varie fasi della storia unitaria del nostro Paese. Ancora oggi è vivo il ricordo del Presidente Sandro Pertini che baciava il tricolore, e che tornava a usare la parola “Patria” con il significato che ad essa davano i combattenti per la libertà e la democrazia.

Pertini che, nel marzo del 1982, a Washington bacia la bandiera degli Stati Uniti a simboleggiare l’abbraccio a tutta la sua popolazione nel ricordo riconoscente del ruolo dell’esercito americano nel conflitto mondiale. Gesto simbolicamente ricambiato dal Presidente Barack Obama con la Proclamation- messaggio formale che il Presidente indirizza agli americani nelle circostanze più solenni – del 16 marzo del 2011 con cui salutava il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e celebrava “l’amicizia e il comune impegno a difesa delle libertà, dei principi democratici e dei diritti umani che i nostri paesi rispettano e promuovono”.
Questa rivalutazione del tricolore come elemento di identità di un Paese costituisce un grande merito della presidenza Pertini. Una qualità che lo pone in diretto collegamento con un altro Presidente, Carlo Azeglio Ciampi, che alla riscoperta dei simboli nazionali ha dedicato gran parte del proprio impegno pubblico.
“Il Tricolore in ogni casa, in ogni famiglia” è l’esortazione rivolta dal Presidente Ciampi, nel 2001, dai campi di Solferino e San Martino, con lo scopo di restituire visibilità ai massimi simboli del nostro ordinamento istituzionale. Nella memoria restano indimedicabili le immagini di solenni omaggi alla bandiera italiana, nelle province italiane o nelle visite all’estero, e la sua emozione profonda mentre accarezzava il tricolore avvolto attorno alle bare di militari caduti servendo il Paese.
Il 7 gennaio, sulla piazza del Quirinale , il Reggimento dei Corazzieri effetua, in tenuta di Gran Gala, la suggestiva cerimonia del Cambio della Guardia in forma solenne accompagnato dalla fanfara del 4° Reggimento a Cavallo. Per molto tempo i tre colori della bandiera italiana, non hanno avuto una definizione cromatica precisa, rimanendo individuati genericamente quali: verde, bianco e rosso . A questa mancanza ha provveduto un’apposita commissione presieduta dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Renato Granata, e le dispodizioni governative che, tra il 2002 e il 2006, hanno stabilito la codifica cromatica del tricolore con i “Codici Pantone”: verde felce (17-6153 TCX), bianco acceso (11-0601 TCX) e rosso scarlatto (18-1662 TCX).
La Presidenza del Consiglio ha nel tempo emanato diverse disposizioni attinenti il rispetto della dignità della bandiera. La Convenzione di Vienna sulle convenzioni diplomatiche (1961) e sulle relazioni consolari (1963) hanno regolato l’utilizzo del tricolore sulla Missione Diplomatica, sulla Sede Consolare e sulla Residenza del Capo Missione. Con riferimento agli altri simboli presenti nel nostro ordinamento, ma non inseriti in Costituzione, ricordiamo lo Stendardo del Presidente della Repubblica , l’Emblema della Repubblica e l’Inno nazionale.

Lo Stendardo presidenziale è il segno distintivo della presenza del Capo dello Stato e segue perciò il Presidente della Repubblica in tutti i suoi spostamenti. Viene innalzato all’esterno delle Prefetture, quando il Capo dello Stato visita una città, all’interno delle sale dove interviene ufficialmente ed è sempre presente sul Torrino del Quirinale quando il Presidente è a Roma. Lo Stendardo presidenziale, introdotto nel 1965, è stato cambiato diverse volte con l’alternarsi degli inquilini del Quirinale, attualmente si ispira alla bandiera della Repubblica Italiana e vuole legare maggiormente l’insegna del Capo dello Stato al tricolore.L’esemplare originale è conservato nell’Ufficio del Comandante del Reggimento Corazzieri.
L’Emblema della Repubblica, contrassegno che distingue lo Stato come ente sovrano, è stato adottato nel 1948 dall’Assemblea costituente a seguito di una doppia selezione pubblica . È formato da una stella (l’Italia), una ruota dentata (il lavoro), due rami d’ulivo (la pace) e una quercia (la forza e la dignità del popolo italiano).
Paolo Paschetto di Torre Pelice (TO) è l’ideatore dell’emblema. Artista polivalente partecipò,tra l’altro, alla composizione di numerosi francobolli compresa “la rondine” prima emissione italiana di posta aerea. Per quanto riguarda l’Inno, il Canto degli Italiani, scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, è stato riconosciuto ufficialmente come Inno nazionale solo nel 2017.
Per 71 anni ‘Fratelli d’Italia’ è stato provvisorio. Il primo atto ufficiale in cui compare la composizione di Mameli-Novaro è il verbale della seduta del Consiglio dei Ministri del 12 ottobre 1946, nel corso della quale il Ministro della Guerra, Cipriano Facchinetti, comunica che esso sarà adottato come inno per il giuramento delle Forze armate che avrà luogo il 4 novembre.
Nonostante venga annunciata in quella sede la presentazione di uno schema di decreto, per lungo tempo non è adottato alcun provvedimento ufficiale che lo stabilisca come Inno nazionale. Il 4 dicembre del 2017 il Parlamento italiano ha approvato la legge, promossa dall’onorevole Umberto D’Ottavio, che riconosce il testo di Mameli e lo “spartito musicale originale” di Novaro quale Inno nazionale della Repubblica. Una legge giunta a sanare l’imbarazzante condizione di provvisorietà della funzione di Inno nazionale che lo stesso assolveva da oltre settant’anni .
L’esecuzione dell’Inno nazionale all’estero è disciplinato da regole di cortesia internazionale e normalmente viene eseguito con l’inno dello Stato ospitante.