In un mondo normale affrontare l’argomento con discussione pacata sarebbe l’ideale, temo invece che farlo in questo mondo oggi sia come entrare in pista con le bucce di banana al posto dei pattini, eppure vale la pena provarci. Intanto riassumiamo i fatti più recenti. L’Ap, l’Associated press, una delle agenzie giornalistiche più grandi e influenti al mondo, ha di recente aggiornato il suo manuale di scrittura e di stile.
Si tratta di una corposa guida dedicata ai suoi giornalisti e non solo per chiarire e indicare loro termini ed espressioni da usare o non usare, vocaboli desueti da eliminare, neologismi o sigle da evitare, insomma un sorta di apprezzatissimo breviario per garantire uniformità e correttezza nei pezzi da scrivere e pubblicare. Non è solo l’Ap ad avere simili regole scritte; tutti i grandi media, soprattutto nella tradizione anglosassone, hanno documenti che segnano la strada del buon giornalismo.
Il punto è che nell’ultimo aggiornamento del manuale la direzione dell’Ap ha ritenuto opportuno consigliare ai propri giornalisti di evitare di usare la parola terrorista quando si parla di Hamas, il gruppo islamista responsabile del massacro del 7 ottobre. Fermi tutti, già vi sento mettere mano alla tastiera, ma come? Proprio dopo il 7 ottobre? Calma, la cosa importante è che Ap spiega bene perché, citiamo: “I termini terrorismo e terrorista sono diventati politicizzati e spesso sono applicati in modo incoerente. Poiché possono essere usati per etichettare un’ampia gamma di azioni ed eventi, e poiché il dibattito intorno ad essi è così intenso, descrivere in dettaglio ciò che è accaduto è più preciso e serve meglio al pubblico”.
Quindi si tratta di una scelta motivata, nessuna idea di minimizzare le azioni criminali (di questo e ovviamente anche di altri gruppi) ma del fatto che per Ap descrivere di volta in volta con precisione le efferatezze accadute serva al pubblico di più che etichettare episodi e gruppi con una parola divenuta fortemente politicizzata e usata in modo incoerente e spesso sbrigativo.
Il manuale prosegue dicendo che la parola terrorista sarà usata solo se attribuita a dichiarazioni di terzi, e che in passato anche l’Ap l’ha usata direttamente ma con parsimonia e cautela.
Il punto è che questa decisione pacata e ragionata non è piaciuta alla politica americana. O meglio a un gruppo di deputati -si definiscono bipartisan- che hanno scritto e firmato una lettera in cui si dice, citiamo “Non etichettando accuratamente Hamas e le sue continue azioni terroristiche, crediamo che inconsapevolmente l’AP fornisca una copertura per l’accettazione di questi atti efferati”.
Insomma inutile spiegare nel dettaglio i massacri cara AP; se tu non li chiami terroristi inconsapevolmente -grazie per la clemenza- fornisci un alibi a chi li vuole difendere. Quindi attenzione cari media, inutile che voi spendiate energie per analizzare, spiegare, contestualizzare e informare perché non è tempo, qui non ti puoi tirare indietro: o bianco o nero. E se sbagli colore paghi pegno.
Ora, sempre sperando in reazioni pacate, possiamo aggiungere ancora qualche considerazione. Intanto che anche la BBC ha ribadito che nel caso di Hamas continuerà ad usare il termine miliziani al posto di terroristi, preparandosi anch’essa alla battaglia. Ma soprattutto potremmo citare anche noi una fonte autorevole per definire la parola terrorismo. Scegliamo l’Enciclopedia Britannica che dice “Terrorismo: l’uso calcolato della violenza per creare un clima generale di paura in una popolazione e quindi per realizzare un particolare obiettivo politico. Il terrorismo è stato praticato da organizzazioni politiche con obiettivi sia di destra che di sinistra, da gruppi nazionalisti e religiosi, da rivoluzionari e persino da istituzioni statali come eserciti, servizi di intelligence e polizia”.
E dunque se stiamo al 7 ottobre non mi pare ci siano dubbi sul fatto che sia stato un atto di terrorismo quello di Hamas, non solo uccidere ma spargere paura intorno. Molti dubbi invece se parliamo dei giovani palestinesi che in Cisgiordania tirano pietre ai soldati e che vengono trattati indistintamente come terroristi. Ma proviamo ad applicare la definizione anche ai bombardamenti su Gaza, alla distruzione sistematica di case strade scuole moschee ospedali, all’esodo forzato di due milioni di persone private di acqua luce cibo e medicine; non rassomiglia “a un uso calcolato della violenza per creare un clima generale di paura nella popolazione e quindi per realizzare un particolare obiettivo politico”? Perciò occhio ad usare la parola terrorismo – perché poi c’è sempre l’Enciclopedia Britannica che si mette lì a spiegare.