Dal rubinetto alla fogna – e dalla fogna al rubinetto.
Le autorità di regolamentazione californiane hanno dato il via libera alla costruzione di impianti all’avanguardia per la trasformazione dei liquami fognari in acqua potabile.
L’idea di riciclare le acque reflue per uso umano, in passato criticata da alcuni come troppo costosa e poco sicura, è divenuta sempre più urgente a causa dei continui cicli di siccità dovuti al cambiamento climatico – che hanno lasciato il Golden State alle prese con una cronica penuria di acqua dolce.
I sostenitori ritengono che, dopo oltre dieci anni di sviluppo, gli standard emanati dallo State Water Resources Control Board rappresentino una pietra miliare nel tentativo di recuperare una parte delle centinaia di milioni di galloni di acque reflue che ogni anno vengono disperse nell’oceano.
Il documento di 69 pagine approvato martedì fornisce un quadro giuridico e normativo per il “riutilizzo potabile diretto”, consentendo al prodotto depurato di essere immesso direttamente nei sistemi di acqua potabile, senza alcuna sosta intermedia. La base di questa tecnologia, utilizzata da oltre un decennio nella Contea di Orange, prevede che gli scarichi pretrattati vengano sottoposti a un’intensa microfiltrazione, all’osmosi inversa e alla disinfezione mediante luce ultravioletta e perossido di idrogeno.
Le nuove norme impongono un ulteriore processo di disinfezione con ozono e una filtrazione biologica a carbone, oltre a un’accurata rimozione degli agenti patogeni e un monitoraggio rigoroso.
Il procedimento, simile alla desalinizzazione, ha indubbiamente dei costi ingenti (circa 1 miliardo di dollari) e, secondo le autorità, solo le grandi aziende di approvvigionamento idrico potranno permettersi questo tipo di impianti – che in ogni caso non vedranno la luce prima di 5 anni.
Oltre alla Contea di Orange c’è anche un altro precedente, quello del vicino Texas – dove due mini-impianti sono stati messi in funzione nel 2014 per rifornire di acqua potabile alcuni comuni in preda alla siccità.