Quanto fa male viaggiare nello spazio? Anche più di quanto sapessimo secondo un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports, importante per correre ai ripari in vista di un futuro di viaggi cosmici sempre più lunghi. Sappiamo già che un astronauta, oltre ad assorbire pericolose radiazioni cosmiche che indeboliscono il sistema immunitario, permane a lungo in assenza di gravità e questo causa la decalcificazione delle ossa con conseguente modifica nella struttura scheletrica, atrofia dei muscoli e problemi oculari.
Il nuovo studio afferma inoltre che trascorrere tempo nello spazio può provocare una dilatazione dei ventricoli cerebrali, le cavità piene di liquido cerebrospinale che ammortizzano il cervello e provvedono a rifornirlo delle sostanze nutritive.
Questa degenerazione cerebrale è legata in maniera proporzionale alla durata della missione spaziale. In generale lo studio ha rilevato che il volo spaziale induce uno spostamento verso l’alto del cervello all’interno del cranio. Secondo Rachel Seidler, professoressa di fisiologia applicata e kinesiologia presso l’Università della Florida e co-autrice dello studio, “ci vogliono circa tre anni tra un volo e l’altro affinché i ventricoli si riprendano completamente”, un dato di grande importanza per gli astronauti che effettuano più voli.
Secondo gli studiosi, poi, è fondamentale “determinare se i cambiamenti cerebrali continuino durante l’esposizione prolungata alla microgravità o se si stabilizzino durante il volo”: anche per capire come ci si dovrebbe comportare nel prossimo futuro in vista dell’ipotesi, sempre più probabile, di programmare lunghi voli spaziali per raggiungere Marte, e di sviluppare il turismo spaziale con il coinvolgimento di civili, certamente meno allenati degli astronauti professionisti.