“Tutelare i civili palestinesi a Gaza è tanto una responsabilità morale quanto un imperativo strategico”.
A sostenerlo è il segretario alla Difesa USA Lloyd Austin, che in un un discorso tenuto sabato al Reagan National Defense Forum a Simi Valley, in California, ha affermato che Israele rischia una “sconfitta strategica” se non si impegna a risparmiare vittime innocenti durante le sue operazioni nella Striscia.
Dopo essersi scagliato contro la “retorica irresponsabile” e la violenza dei coloni ebrei in Cisgiordania, il capo del Pentagono ha definito la popolazione civile “il centro di gravità” del conflitto in corso. “Se la si spinge nelle braccia del nemico, si sostituisce una vittoria tattica con una sconfitta strategica”, ha detto Austin, che alle spalle ha decenni di esperienza in diversi teatri operativi – tra cui quello mediorientale contro lo Stato islamico.
Le affermazioni di Austin confermano come negli ultimi giorni si stia sempre più allargando il solco tra Washington e Tel Aviv in merito alla campagna bellica di quest’ultima contro Hamas e le milizie anti-sioniste. La Casa Bianca chiede al gabinetto militare di calibrare con maggiore precisione raid e incursioni di terra, onde evitare inutili spargimenti di sangue, ma anche di consentire l’afflusso di maggiori aiuti umanitari nell’enclave assediata.
“Continueremo la guerra fino a quando non avremo raggiunto tutti i suoi obiettivi, ed è impossibile raggiungerli senza l’operazione di terra”, ha dichiarato il premier Benjamin Netanyahu in un discorso sabato sera.
I timori di Washington sono probabilmente legati anche ai rischi che il conflitto si estenda a livello regionale. A questo proposito, domenica un cacciatorpediniere statunitense – la USS Carney – e alcune imbarcazioni civili nel Mar Rosso sono state attaccate dai ribelli Houthi dello Yemen, notoriamente filo-iraniani (e anti-israeliani). Il gruppo ha parlato una “operazione contro due navi “israeliane” colpite nello stretto di Bab al Mandab con un missile e un drone.

Il ministero della Sanità di Gaza – che fa capo ad Hamas – sostiene che più di 15.200 civili siano stati uccisi dall’inizio della guerra, almeno 193 dei quali solo dopo la scadenza della tregua. Il dicastero ha aggiunto che le donne e i bambini rappresenterebbero il 70% del totale.
Nella notte tra sabato e domenica sono stati segnalati pesanti bombardamenti nell’area di Khan Younis e nella città meridionale di Rafah, nonché in alcune zone del nord. Nelle ultime ore l’esercito israeliano ha spostato il focus bellico nella parte meridionale della Striscia, dove a suo parere si nasconderebbero molti alti ufficiali di Hamas. Per questo motivo le truppe dello Stato ebraico hanno ordinato l’evacuazione di centinaia di migliaia di palestinesi residenti all’interno e nei dintorni di Khan Younis, la seconda città più grande di Gaza.
L’ordine perentorio non fa che aggravare una situazione già di per sé critica: gli osservatori delle Nazioni Unite hanno stimato che le persone a cui è stato intimato di fuggire comprendono circa il 25% del territorio di Gaza, che prima del conflitto era abitato da circa 800.000 persone. Juliette Toma, direttrice delle comunicazioni dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, riferisce che ci sono oltre 958.000 sfollati che vivono in 99 strutture delle Nazioni Unite nel sud della Striscia di Gaza, tra cui 34 a Khan Younis.
Dal palco di Dubai, dove rappresenta gli Stati Uniti alla COP28, è intervenuta sull’argomento anche la vicepresidente Kamala Harris. “Troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi. Francamente, l’entità delle sofferenze dei civili e le immagini e i video provenienti da Gaza sono devastanti”, ha dichiarato la politica dem.
Col passare delle ore – e l’intensificarsi dei bombardamenti – sembra peraltro allontanarsi sempre di più la prospettiva di un prolungamento del cessate il fuoco. Nei suoi sette giorni di validità, l’intesa ha consentito la liberazione di 83 ostaggi israeliani (oltre a 25 stranieri) detenuti dai gruppi islamisti e 240 prigionieri palestinesi incarcerati nello Stato ebraico – oltre a far cessare parzialmente le ostilità nella Striscia. Prima del cessate il fuoco, Hamas aveva rilasciato quattro ostaggi e l’esercito israeliano ne aveva salvato uno. Altri due erano stati invece trovati morti a Gaza.