Un altro appello al vertice sul clima di Dubai arriva dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres; più puntuto dei discorsi dei giorni precedenti. Rivolto ai capi di Stato e di governo riuniti alla Cop28 (il lavoro da lunedì sarà proseguitò dai loro sherpa e delegati), Guterres ribadisce una richiesta specifica per contrastare i cambiamenti climatici e mettere in atto azioni utili per la “estrema vulnerabilità” del pianeta. Una richiesta che ha già espresso in passato.
“Il costo stimato di questo sforzo è di appena più che 3 miliardi di dollari statunitensi in totale” ha detto, “una piccola frazione delle centinaia di miliardi fatti l’anno scorso dall’industria dei combustibili fossili. Chiedo di nuovo (ai governi) una imposta sugli extraprofitti di questa industria, e che il denaro sia usato per proteggere coloro che sopportano l’impatto peggio della crisi climatica”.
L’appello di Guterres si unisce a quello di Papa Francesco che – in modo altrettanto provocatorio – nel suo messaggio sabato aveva chiesto che una parte degli investimenti per gli armamenti e le spese militari fosse destinata dai paesi della Cop28 a combattere il cambiamento climatico.
Il segretario generale dell’Onu ha anche dedicato qualche parola agli impegni annunciati “da diversi membri dell’industria del gas e del petrolio. L’industria del combustibile fossile, il gigante dietro la crisi climatica, si sta finalmente svegliando, ma le promesse sono chiaramente insufficienti rispetto a quello che serve”. Promettere di eliminare il metano entro il 2030 è “un passo nella direzione giusta” ma “non ci deve essere spazio per il greenwashing”, le dichiarazioni ecologiste di facciata.
Guterres si riferisce all’impegno dei 50 maggiori produttori di petrolio, fra i quali Exxon e Aramco, a ridurre le loro emissioni anche di metano; secondo gli attivisti per il clima è solo una copertura.
Le altre novità della Cop28: una ventina di paesi fra cui Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno stretto un patto con l’obbiettivo di triplicare entro il 2050 la produzione di energia atomica di ultima generazione, considerata l’alternativa più sicura ed efficiente per uno sviluppo sostenibile. Sul tema, il primo vertice mondiale si terrà a marzo 2024 in Belgio. L’obbiettivo è sempre lo stesso: raggiungere entro il 2050 l’obbiettivo di zero emissioni nette.
Il “net zero” è l’equilibrio fra la quantità di gas a effetto serra prodotti dalle attività umane, e la quantità rimossa dall’atmosfera (tramite mezzi naturali, ripristino delle foreste, o tecnologici, cattura e stoccaggio nell’aria), ma quale aspetto deve essere prioritario – ridurre le emissioni nocive, o concentrarsi sui mezzi per rimuoverle? Perché il problema è che le emissioni nocive continuano a crescere nel Sud del mondo, che non intende rinunciare allo sviluppo solo perché il Nord, molto più ricco, oggi può permettersi di chiedere energia pulita.
Sul fronte degli impegni infatti quelli maggiori arrivano dagli Stati Uniti – la vicepresidente Kamala Harris ha annunciato 3 miliardi di dollari destinati al Fondo per il clima – e dall’Ue – la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato 2,3 miliardi di euro in due anni dal bilancio Ue “per sostenere la transizione energetica nel nostro vicinato e in tutto il mondo”. Anche se l’Italia di Giorgia Meloni chiede una transizione “ecologica non ideologica”, preoccupata dallo stop europeo alla produzione di veicoli a combustibile fossile (entro il 2035) e dall’idea che gli italiani possano essere obbligati all’efficientamento energetico del nostro patrimonio immobiliari, misura che sarebbe altamente impopolare.