“Mi sono recata a Haiti ad agosto e in 25 anni di lavoro su campo non l’avevo mai trovata tanto abbandonata, neppure sotto le dittature, adesso è un paese fantasma, c’è pochissima gente in giro e a ogni angolo di strada vi sono cadaveri di persone che vengono considerate delle spie”.
A distanza di alcuni mesi dalla precedente intervista abbiamo nuovamente raggiunto telefonicamente Mariavittoria Rava Presidente della Fondazione Francesca Rava – N.P.H. Italia Onlus, presente dal 1987 sull’isola con ospedali, orfanotrofi e scuole di strada.
“I soldati che erano stati promessi non sono ancora arrivati – così Rava anticipa la nostra domanda -. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a ottobre aveva approvato una mozione che prevedeva il dispiegamento su Port-au-Prince, di una forza multinazionale guidata dal Kenya. Il compito dei soldati inviati sarebbe stato quello di supportare, per almeno un anno, la polizia locale contro i gruppi armati che controllano parte della capitale”.
I Caschi Blu dell’Onu non sono mai arrivati, il premier Ariel Henry, mai eletto, ha solo ‘sostituito’ il presidente Jovanal Moïse ucciso, e l’80% del territorio di Haiti è occupato da bande armate che controllano la vita di quattro milioni di abitanti…
“Il paese continua a essere in una situazione di anarchia e di povertà estrema, con l’avvicinarsi delle festività natalizie alcune persone che le gang avevano cercato di allontanare, terrorizzandole, sono riuscite a rientrare nelle loro case ma ogni giorno ci sono omicidi, rapine, per coloro che hanno scelto o sono costrette a vivere a Haiti, la condizione ha assunto aspetti disumani”.
Quindi non viene fornito nessun tipo di aiuto?
“Il paese è isolato, non ci sono aiuti a livello internazionale, ci sono invece ingenti rincari di energia elettrica, petrolio e beni essenziali. Nel nostro ospedale di Saint Damien arrivano tanti bambini in condizione di grave malnutrizione, a fronte di molti medici che decidano di partire per gli USA. Biden ha autorizzato l’apertura di nuovi canali di immigrazione legale, soprattutto rivolte a persone – ne accetteranno 30.000 – provenienti da alcuni luoghi come appunto Haiti, che vivono grandi crisi umanitarie. Coloro che vi si recano dovranno però dimostrare di avere legami familiari con emigrati già presenti nel territorio statunitense; altrettanti per fortuna decidono di rimanere e sacrificano la loro esistenza per aiutare il paese”.
Ci ha parlato di cadaveri, ma nessuno li reclama?
“No, questi corpi restano in strada talvolta per molti giorni e questo facilita enormemente la diffusione di malattie. Io stessa mentre mi recavo in auto all’orfanotrofio ho visto cadaveri abbandonati, anche di un diversamente abile ucciso su una sedia a rotelle, completamente ricoperto dalla polvere salita dalla strada. Il valore della vita non esiste più o perlomeno è molto basso. Spesso è padre Rick – Richard Frechette è un sacerdote americano e medico che da oltre 30 anni collabora con N.P.H. – a raccogliere i cadaveri per evitare che vengano dilaniati dagli animali e per dargli una degna sepoltura”.

In questa situazione drammatica riuscite comunque a operare?
“A parte qualche tentativo di saccheggio, per quanto riguarda la nostra Fondazione la situazione è abbastanza tranquilla, i locali riconoscono il valore del nostro lavoro. Al momento tutte le strutture stanno funzionando e questo miracolo ci permette di portare avanti tutti i progetti conferendoci la forza necessaria per proseguire”.
“Nutrire i bambini, fornirgli delle cure, dargli un futuro, deve essere una priorità per tutti. Come per i bambini la priorità dovrebbe essere quella di giocare, senza doversi nascondere per evitare di essere rapiti”.
Quale possibile futuro vede per Haiti?
“In un paese dove non esiste più il valore della vita occorre esserci per ripristinarlo. La violenza è ancora tanta, la guerra civile al momento non si placa, il paese continua a essere allo sbando e purtroppo non riveste interessi economici tali da consentire investimenti”.
“La nostra Fondazione necessita di donazioni, salviamo 80.000 bambini all’anno, nell’orfanotrofio ne vivono 500, mentre nelle scuole di strada ve ne sono circa 16.000, ma potremmo fare ancora di più”.
“Un barlume di speranza per persone che soffrono da troppo tempo le conseguenze di una difficile situazione politica, socioeconomica, di sicurezza e anche umanitaria. La risoluzione votata all’Onu ha un grande significato storico”. Così aveva commentato il ministro degli Esteri di Haiti, Jean-Victor Genus l’approvazione dell’invio della forza armata.
Haiti sta ancora aspettando.