Le immagini di alcuni degli ostaggi liberati venerdì che abbracciano le loro famiglie: il primo, un bambino che corre nelle braccia del padre, poi una signora anziana, poi una donna con i due bambini, tutti e tre rilasciati, assieme al padre e marito in ospedale, hanno avviato nuove speranze. Poi, un improvviso stop sabato è sembrato compromettere tutto. Alla fine in serata il rilascio del secondo gruppo di ostaggi nelle mani della Croce Rossa, in cambio di 39 prigionieri palestinesi. Oltre ai tredici israeliani, di cui molti bambini, sono stati rilasciati altri 4 stranieri presi in ostaggio nell’assalto del 7 ottobre.
Nel frattempo in una situazione incandescente ed elettrica la tregua di 4 giorni sembra reggere anche se un gigantesco orologio scandisce con cinica velocità il momento in cui questo cessate il fuoco concordato sembra destinato a finire.
Sabato, Hamas, l’organizzazione estremista al governo nella Striscia di Gaza, aveva bloccato il rilascio per un problema nell’arrivo dei camion di aiuti umanitari. La giornata è trascorsa in un’altalena di ansia e speranza: non solo in Israele ma in Cisgiordania dove ieri erano arrivati i primi 39 palestinesi liberati dalle prigioni israeliane, fra grande esultanza e attesa per il nuovo round di rilasci.
L’accordo di tregua mediato con tanta fatica prevede infatti lo scambio di 3 palestinesi per ogni israeliano: fino a una cinquantina di israeliani e 150 palestinesi in tutto. Ma gli ostaggi sequestrati da Hamas il 7 ottobre erano 240 (e non si sa quanti siano ancora vivi), e Israele ha stilato una lista di 300 possibili palestinesi da rilasciare (per lo più giovani arrestati per reati minori, lanci di sassi durante manifestazioni in Cisgiordania). Si possono solo immaginare i contatti frenetici degli ultimi giorni, i sentimenti delle famiglie israeliane, l’ansia di quelle palestinesi: chi verrà scelto? sarà lecito fare pressioni perché siano inclusi mio padre, mio fretallo, mia figlia che ha pochi anni, mia madre che è anziana?
Ci sono poi le ansie degli altri paesi: moltissimi degli ostaggi, abitanti di kibbutzim, avevano doppia cittadinanza.
Ci sono altre domande all’orizzonte. Se questa tregua, negoziata con tanta fatica con l’intervento di Stati Uniti, Qatar e Egitto, sia l’inizio di un processo di pace, la fine dello spaventoso conflitto cominciato il 7 ottobre quando Hamas ha ucciso 1200 persone in Israele: da allora oltre tredicimila palestinesi a Gaza sono morti sotto i bombardamenti. O se sia solo un momento di pausa e il governo israeliano intenda riprendere a bombardare. L’obiettivo dichiarato del premier Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant rimane infatti quello di porre fine al dominio di Hamas a Gaza.
Lo Stato ebraico ha annunciato però che il cessate il fuoco sarà prolungato di un giorno per ogni nuovi 10 ostaggi rilasciati da Hamas oltre a quelli stabiliti nel primo accordo. Hamas non ha commentato direttamente ma il suo leader politico Ismail Haniyah ha detto che l’organizzazione si impegna a far funzionare la tregua.
Lo scambio del primo giorno ha incluso quattro bambini. Sono stati liberati però, in più rispetto all’accordo, e grazie alla mediazione del Qatar, 10 tailandesi e 1 filippino: tutti lavoratori nei kibbutzim attaccati, un segno di quanti stranieri ci siano a lavorare nelle fattorie israeliane ma anche di quanti paesi siano stati toccati dall’assalto di Hamas.

Ecco la lista dei rilasciati venerdì: Doron Katz Asher, 34 anni; Aviv Asher, 2 anni; Raz Asher, 4 anni; Daneil Alloni, 45 anni; Emilia Alloni, 6 anni; Keren Monder, 54 anni; Ohad Monder, 9 anni; Ruthi Monder, 78 anni; Yaffa Aadar, 85 anni; Margalit Mozes, 77 anni; Hanna Katzir, 77 anni; Adina Moshe, 72 anni; Hanna Perri, 79 anni. Tutti sono stati portati in ospedale per controlli e, almeno fisicamente, sarebbero in buone condizioni.