Almeno per loro, speriamo sia la salvezza. Ventotto neonati prematuri che si trovavano all’ospedale Al-Shifa di Gaza City sono stati trasportati questa mattina dalle ambulanze della Mezzaluna rossa attraverso il valico di Rafah fino in Egitto, per il ricovero in strutture ospedaliere egiziane. Questi piccoli sono diventati il simbolo delle sofferenze dei civili di Gaza durante il conflitto fra Israele e Hamas; l’ospedale al-Shifa, il più grande della Striscia, da una settimana è circondato dall’esercito israeliano, che sostiene che nei sotterranei ci siano tunnel e strutture di comando dei miliziani.
Nella giornata di ieri, 31 neonati erano stati evacuati dall’ospedale e portati vicino al confine sud dell’Egitto in quella che l’OMS, organizzazione mondiale per la Sanità dell’Onu, ha descritto come una situazione “in condizioni di sicurezza molto intense e ad alto rischio”. Solo 28 hanno però passato il confine: l’OMS ha scritto in un comunicato che 11 neonati erano in condizioni critiche, e tutti soffrivano di infezioni. Due erano morti prima che potessero essere evacuati.
Un’operazione delicatissima. Secondo l’UNICEF, l’organizzazione per l’infanzia dell’Onu, che ha partecipato a quello che definisce una “impresa estremamente pericolosa” in una zona di piena guerra, le condizioni dei neonati andavano “rapidamente peggiorando”; il trasporto è avvenuto in incubatrici termoregolate.

Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreysus, ha postato su X una foto di un membro dell’organizzazione con il casco blu dell’Onu e un giubbotto antiproiettile che prende in braccio un neonato. I piccoli hanno lasciato al-Shifa accompagnati da sei operatori sanitari e da 10 persone delle famiglie dello staff dell’ospedale.
L’assedio israeliano all’ospedale ha fatto saltare le forniture di elettricità e ossigeno mettendo a rischio tutti i pazienti e in particolare i neonati che si trovavano in incubatrice – si parlava una settimana fa di quasi 40 bambini.
Nessuno di questi bimbi è accompagnato dai genitori. Alcuni sono nati da madri morte nei bombardamenti o morte poco dopo aver partorito; alcuni sono gli unici sopravvissuti della famiglia; i genitori di altri sono sfollati, costretti a lasciare Gaza City verso sud.
I morti civili palestinesi secondo le cifre fornite da Hamas, che controlla l’amministrazione della Striscia, sarebbero oltre 13.000 dal sette ottobre, giorno in cui i miliziani hanno assalito il sud di Israele uccidendo 1.200 persone in un’operazione senza precedenti, e prendendo circa 240 persone in ostaggio; un attacco che ha scatenato la reazione dello Stato Ebraico. Le organizzazioni internazionali accusano Israele di bombardamenti indiscriminati che colpiscono i civili; ma sono state soprattutto la situazione all’ospedale al-Shifa e la tragedia dei bambini nelle incubatrici ormai inattive a far scalpore, anche nell’opinione pubblica israeliana.