Quello che un tempo era il più grande ospedale di Gaza è ora una “zona di morte”. A denunciarlo è stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità, riferendosi all’ormai famigerato nosocomio di Al-Shifa – che da giorni ormai è sottoposto all’asfissiante assedio delle truppe israeliane, convinte che la struttura civile funga da quartier generale militare dei militanti di Hamas.
Il ministero della Sanità gestito da Hamas sostiene che nell’ospedale siano rimasti circa 120 pazienti, oltre a un numero imprecisato di neonati prematuri. Molti dei pazienti più vulnerabili e del personale medico-sanitario hanno già lasciato al-Shifa per recarsi a sud. Ma l’incubo potrebbe non essere del tutto finito, dal momento che le forze dello Stato ebraico sono pronte a spingere il proprio attacco sempre più a sud, nel cuore dell’enclave.
Nella giornata di sabato, due scuole gestite dalle Nazioni Unite che ospitano migliaia di sfollati palestinesi sono state bombardate dall’aviazione di Tsahal. Gli istituti bersagliati sono la scuola al-Fakhoora, gestita dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), nel campo profughi settentrionale di Jabalia, e un’altra scuola a Tal al-Zaatar, sempre nel nord di Gaza.
Almeno 50 persone sarebbero state uccise ad al-Fakhoora, ha dichiarato sabato il Ministero della Sanità di Gaza che fa capo ad Hamas. Non è ancora chiaro il bilancio delle vittime del secondo raid, malgrado le Nazioni Unite abbiano parlato di “orribili” e “decine di persone uccise”, compresi bambini.

Nel frattempo, proseguono senza sosta i negoziati tra Stati Uniti, Israele e Hamas per la liberazione di alcuni prigionieri detenuti dal gruppo islamista in cambio di un cessate il fuoco temporaneo, come riportato dal Washington Post.
Le fonti avvertono che, poiché nulla è stato ancora confermato (come ribadito dalla Casa Bianca), un’eventuale transazione potrebbe ancora andare a monte. Inoltre, una fonte israeliana di alto livello ha dichiarato che “poiché Hamas è alla disperata ricerca di un cessate il fuoco, le possibilità di liberare gli ostaggi aumentano con l’aumentare della pressione militare”.
La posizione del Governo di Benjamin Netanyahu inizia però a diventare impopolare non solo a livello internazionale ma anche sul piano domestico. Secondo un recente sondaggio dall’Università Bar Ilan, in collaborazione con la società di sondaggi iPanel, meno del 4% del pubblico ebraico israeliano ritiene che “Bibi” sia una fonte affidabile di informazioni sulla guerra in corso – mentre quasi il 74% si fida piuttosto del portavoce dell’IDF, il contrammiraglio Daniel Hagari.