Jenna Ellis, l’ex avvocato di Donald Trump, ha rivelato agli inquirenti della Georgia che l’ex presidente aveva preparato i piani per bloccare il passaggio delle consegne alla Casa Bianca anche se aveva perso le elezioni. Lo ha rivelato il Washington Post che con uno scoop ha pubblicato le videoregistrazioni delle testimonianze rese dai tre avvocati incriminati e “pentiti” agli inquirenti della procura distrettuale della contea di Fulton.
Ellis ha detto nella sua testimonianza che Dan Scavino, che era il vice capo dello staff per le comunicazioni della Casa Bianca quando Donald Trump era presidente, durante una conversazione le aveva svelato i piani dopo che lei gli aveva detto che tutti i loro tentativi per cercare di annullare il risultato elettorali erano falliti. “Non essere così sicura” le rispose Scavino, aggiungendo “Non ci interessa e non ce ne andremo”. A quel punto nel video della sua testimonianza Ellis racconta di aver domandato a Scavino cosa intendesse. “Scavino mi rispose – afferma la Ellis – che il capo non se ne sarebbe andato via dalla Casa Bianca in nessuna circostanza perché tanto resteremo al potere. Ed io e tutti noi sapevamo che quando Scavino diceva “il capo” si riferiva a Donald Trump”.
Jena Ellis nella sua testimonianza registrata afferma di aver cercato di far ragionare Scavino. “Gli ho detto: ‘Beh, sai che non funziona proprio in questo modo, te ne rendi conto?” E Scavino in tono brusco le ha risposto ‘Non ci interessa. Resteremo”.
Per quanto riguarda Donald Trump verità, fantasie, protagonismo, si intrecciano e resta sempre molto difficile capire se riesca a realizzare la gravità dei problemi legali in cui è coinvolto, perché l’ex presidente minimizza i fatti o si fa scherno degli inquirenti e smentisce le dichiarazioni dei testimoni che, invece, confermano indiscrezioni che non erano state accertate.

Questa incredibile rivelazione conferma quanto scritto dalla giornalista del New York Times, Maggie Haberman nel suo libro “Confidence Man: The Making of Donald Trump and the Breaking of America” secondo cui l’ex presidente avrebbe tentato di tutto pur di rimanere al potere dopo aver perso le elezioni. La testimonianza di Jenna Ellis potrebbe essere la prova devastante per Trump che è stato incriminato ad Atlanta per aver cercato di ribaltare i risultati delle elezioni del 2020 in Georgia.
Ora dopo lo scoop del Washington Post l’ufficio del procuratore distrettuale della contea di Fulton ha presentato una mozione di emergenza chiedendo al magistrato un ordine protettivo per impedire che altro materiale processuale diventi pubblico. Secondo indiscrezioni la copia della testimonianza videoregistrata della Ellis sarebbe stata rilasciata dall’avvocato di Harrison Floyd, uno dei 19 incriminati nella vicenda.
Nonostante questi clamorosi sviluppi, con una mossa a sorpresa, lo speaker della Camera Mike Johnson ha dato il suo endorsment a Donald Trump per la nomination repubblicana per la Casa Bianca.
“Sono completamente dalla sua parte”, ha detto Johnson che ha difeso anche le azioni dell’ex presidente: credeva “nel profondo del suo cuore” che le elezioni fossero state vinte da Biden con i brogli.
E proprio le accuse dei brogli elettorali che non ci sono stati hanno portato un ex giornalista di Fox News a citare in giudizio il network televisivo accusandolo di averlo preso di mira, e successivamente licenziato, per aver respinto le false affermazioni sia sui brogli elettorali che sul tentativo insurrezionale al Campidoglio.
Nell’atto di citazione in giudizio depositato alla corte federale a Washington, il produttore Jason Donner, che ora è il portavoce del parlamentare repubblicano Brian Fitzpatrick, ha affermato di essere parte di un gruppo di dipendenti “epurati” dal network televisivo per essersi rifiutati di riportare solo fatti che avrebbero “calmato” Donald Trump e i suoi sostenitori. Questo perché i rapporti tra l’ex presidente e Rupert Murdoch, il proprietario editore della Fox News, si erano deteriorati dopo le elezioni.

Donner era all’interno del Campidoglio quando la folla di sostenitori di Trump ha fatto breccia nell’edificio. Dopo aver sentito Fox News che affermava che i rivoltosi erano “dimostranti pacifici”, giustificandoli per l’assalto al Congresso con la “grave delusione elettorale”, ha chiamato la sala di controllo, per smentire queste affermazioni. E da lì è cominciata la persecuzione all’interno dell’azienda televisiva che ha cominciato a bersagliarlo prima con critiche per il suo lavoro e poi con azioni disciplinari. Donner ha anche sfatato “Patriot Purge” di Tucker Carlson, un programma sul servizio di streaming Fox Nation che sosteneva che il 6 gennaio fosse stato usato come pretesto per perseguitare gli americani conservatori. I manager della Fox, tuttavia, erano concentrati nel corteggiare gli spettatori che sostenevano Trump e lo hanno licenziato nel 2022.
Donner ha affermato di essere stato illegalmente discriminato e oggetto di ritorsioni a causa delle sue opinioni politiche. Chiede danni non specificati.
La causa è stata depositata per la prima volta presso la Corte Superiore di Washington il 27 settembre e successivamente trasferita alla corte federale. Fox ha anche dovuto affrontare una causa da parte di Dominion Voting Systems e quest’anno ha pagato quasi 800 milioni di dollari per risolvere il caso sostenendo che Fox aveva consapevolmente promosso le false teorie del complotto sulla sicurezza delle sue macchine per il voto. Inoltre sta affrontando una causa da parte di una seconda società di macchine per il voto.
Fox News ha anche risarcito con 12 milioni di dollari Abby Grossberg, un’altra ex produttrice che ha citato in giudizio la rete televisiva per l’atmosfera ostile creata al posto di lavoro dopo che non voleva fornire testimonianze false o fuorvianti nella causa intentata dalla Dominion.