Dalle profondità dell’Atlantico, il Titanic continua a restituire pezzi di vita scomparsa. C’è anche un orologio da taschino appartenuto a un ebreo russo fra i molti oggetti battuti all’asta sabato 11 novembre presso la casa Henry Aldridge & Son in Gran Bretagna.

L’orologio in argento e bronzo è di fattura svizzera e il meccanismo è molto corroso dalla salsedine, ma sono ancora visibili le cifre ebraiche sul quadrante e le decorazioni a sbalzo sul coperchio, che raffigurano Mosé con le tavole dei Dieci Comandamenti.
Sinai Kantor aveva 34 anni e andava a cercare fortuna negli Stati Uniti con sua moglie Miriam, solo 24 anni, che sopravvisse alla tragedia della notte del 15 aprile 1912. Avevano pagato 26 dollari ed erano saliti a bordo a Southampton. Erano entrambi laureati; Sinai era un pellicciaio e voleva vendere i suoi bauli di pellicce in America per finanziare altri studi, lui come dentista, lei come medico. Erano diretti nel Bronx, a New York.

Miriam riuscì a salire sulla scialuppa n. 12. Il corpo di Sinai fu ripescato durante i sette giorni delle disperate manovre di ricerca dei superstiti. Fu etichettato come “corpo n. 283” e riconosciuto dai suoi effetti personali, che furono restituiti alla moglie: il passaporto russo, un taccuino, denaro, portafogli, un telescopio, un cavatappi, un “orologio in argento”. È sepolto al cimitero Mount Zion di Queens.
Prezzo stimato dell’orologio, almeno 50mila sterline. Dovrebbe fruttare almeno 60mila sterline invece l’altro pezzo forte dell’asta, un menù del ristorante di prima classe del transatlantico: risale all’11 aprile, tre giorni prima che il Titanic affondasse in poche ore col suo carico di esseri umani e arredi preziosi. Nella pancia della nave i passeggeri di terza classe si arrabattavano come potevano, ma i facoltosi ospiti della prima classe l’11 aprile per cena mangiarono fra l’altro agnello con salsa alla menta e apricots bordaloue. Il menù è rovinato dall’acqua ma ancora leggibile.
Proviene dalla famiglia di uno storico canadese, Len Stephenson, che viveva in Nova Scotia, là dove furono portati i cadaveri affiorati dall’acqua dopo il naufragio. Non si sa come sia giunto nelle mani di Stephenson, che morì nel 2017; sei mesi fa la figlia Mary Anita e il genero trovarono il menù in un album da fotografie. Paradossalmente, questo menù dell’11 aprile, essendo un unicum, vale più dei menu della sera del disastro, il 14 aprile, di cui esistono diversi esemplari: vari passeggeri lo avevano ancora in tasca quando lasciarono la nave per le scialuppe di salvataggio.
Nel naufragio persero la vita 1518 fra passeggeri e membri dell’equipaggio dei 2223 imbarcati. Solo 705 persone riuscirono a salvarsi, quasi tutte dalla prima classe. Solo 330 corpi furono recuperati dall’acqua.