I ministri degli Esteri del G7 riuniti a Tokyo hanno trovato un accordo sulla dichiarazione finale congiunta del vertice in merito al conflitto fra Israele e Hamas. Sostegno a Israele, richiesta del rilascio immediato di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas, ma l’autodifesa dello Stato Ebraico deve avvenire “in conformità con il diritto internazionale”. Non è la richiesta esplicita di una tregua, ma è – quasi – un avvertimento a Israele.
I sette paesi si dicono “più uniti che mai nel perseguimento della pace internazionale, della sicurezza, e prosperità”.
“Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi terroristici di Hamas e altri in tutto Israele iniziati il 7 ottobre 2023, nonché gli attacchi missilistici in corso contro Israele. Sottolineiamo il diritto di Israele a difendere se stesso e il suo popolo in conformità con il diritto internazionale nel tentativo di prevenire che ciò si ripeta”, si legge nella dichiarazione congiunta. “Chiediamo il rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza precondizioni”. Però “L’aumento della violenza estremista commessa dai coloni contro i palestinesi è inaccettabile, mina la sicurezza in Cisgiordania e minaccia le prospettive di una pace duratura”.
“I membri del G7, insieme ai partner della regione, stanno lavorando intensamente per evitare che il conflitto si inasprisca ulteriormente e si diffonda più ampiamente. Stiamo anche lavorando insieme, anche imponendo sanzioni o altre misure, per negare ad Hamas la capacità di raccogliere e utilizzare fondi per compiere atrocità”.
Punto essenziale del comunicato però è il passaggio per cui “Ribadiamo la nostra forte opposizione a qualsiasi tentativo unilaterale di modificare lo status pacificamente stabilito dei territori con la forza o la coercizione in qualsiasi parte del mondo. Tali tentativi minano lo stato di diritto, che protegge tutte le nazioni, soprattutto quelle vulnerabili, così come la sicurezza globale e la dignità umana”. È un altoltà alle intenzioni del premier israeliano Benjiam Netanyahu che aveva lasciato intendere la possibilità di una nuova occupazione di Gaza da parte di Israele.
Più esplicito del comunicato è stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken. Impegnato nei giorni scorso in una navetta estenuante fra Israele, gli Stati arabi e la Turchia, nel tentativo di ottenere da Israele delle ‘pause umanitarie’ nei continui bombardamenti di Gaza, Blinken ha detto a proposito della fine del conflitto con Hamas: “Gli Stati Uniti ritengono che gli elementi chiave debbano includere: nessun trasferimento forzato di palestinesi da Gaza, né ora né dopo la guerra; nessun uso di Gaza come piattaforma per il terrorismo o altri attacchi violenti, nessuna rioccupazione di Gaza dopo la fine del conflitto, nessun tentativo di assediare Gaza, nessuna riduzione del territorio di Gaza”.
Blinken tuttavia ha ribadito che non si parla di “tregua”, impossibile fino a quando Hamas continua a detenere ostaggi israeliani.
La dichiarazione congiunta, che ha dovuto conciliare la ricerca di una vera e propria tregua da parte della Francia, con le difficoltà storiche della Germania a criticare Israele, non cita nemmeno la possibilità di una forza di interposizione Onu, cui aveva accennato ieri il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Invece, si citano i “corridoi umanitari”.
“I membri del G7 si sono accordati sui seguenti punti – ha spiegato la ministra degli Esteri giapponese Yoko Kamikawa – prima di tutto condanniamo risolutamente gli attacchi terroristici di Hamas e di altri gruppi. In secondo luogo, chiediamo la liberazione immediata degli ostaggi. Terzo, le misure d’emergenza sono necessarie per rispondere alla crisi umanitaria a Gaza. Per questo, gli aiuti umanitari devono poter essere trasportati senza ostacoli per garantire i bisogni alimentari, di acqua e cure mediche, carburante, alloggi e accesso dei lavoratori umanitari”. “La soluzione dei due Stati è l’unica via per una pace giusta e durevole”, ha concluso la ministra nipponica.
Gli occhi adesso si volgono a Parigi, dove domani, 9 novembre, si terrà una conferenza umanitaria “per la pace in Medio Oriente” a margine dell’appuntamento annuale del Forum di Pace di Parigi. Parlando all’Europarlamento, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha detto “Non possiamo permettere che si ripeta mai più un attentato terroristico come quello di Hamas. Hamas non deve avere il futuro al governo di Gaza”; però, “il diritto di Israele di difendersi deve essere in linea con le leggi internazionali e umanitarie. Un assedio di Gaza non lo è. Chiediamo delle pause umanitarie, più la situazione peggiora più sarà difficile avere una pace duratura”. A Parigi, ha detto Michel, “concorderemo un maggior sostegno” per i palestinesi.
Sul terreno, le notizie a un mese dall’attacco di Hamas riguardano da un lato i combattimenti attorno a Gaza City, dall’altro i bombardamenti di Israele che hanno toccato anche il sud della Striscia di Gaza. Secondo le cifre del ministero della Salute, controllato di Hamas, i morti palestinesi a Gaza dall’inizio del conflitto sono oltre 10300, di cui oltre 4000 minorenni. Sono oltre 200 gli ostaggi israeliani portati da Hamas a Gaza il 7 ottobre, giorno dell’assalto al sud di Israele che ha ucciso almeno 1400 persone.
La situazione umanitaria nella Striscia, come riportano tutte le agenzie Onu, continua ad essere catastrofica; mancano acqua e corrente, oltre un milione di persone sfollate, gli ospedali lavorano senza igiene, farmaci o possibilità di effettuare anestesie, i feriti sono decine di migliaia.
Il terribile bilancio del conflitto parla di 1400 israeliani morti il 7 ottobre, 240 ostaggi rapiti (non si sa quanti siano ancora in vita), e oltre 10mila palestinesi morti a Gaza da allora, di cui oltre 4.000 minorenni.