Secondo l’esercito israeliano, i soldati dello Stati ebraico nell’invasione della Striscia di Gaza hanno completamente accerchiato Gaza City, nel nord della striscia. Il portavoce dell’IDF (Israeli Defence Force), ammiraglio Daniel Hagari, ha dichiarato che “Oggi c’è una Gaza del sud e una Gaza del nord”, parlando di una “operazione significativa”.
Secondo i media israeliani, i soldati dello Stato ebraico dovrebbero entrare a Gaza City entro 48 ore. È stata un’altra notte di pesanti bombardamenti israeliani.
Le comunicazioni con il territorio palestinese amministrato da Hamas sono quasi del tutto interrotte, Internet e le reti cellulari non funzionano, e le informazioni dipendono o dall’esercito israeliano, o da quel poco che i giornalisti palestinesi dentro la Striscia riescono a far arrivare alle agenzie e alle testate per cui lavorano.
Per esempio, Rushdi Abualouf che lavora per la BBC parla dei bombardamenti più violenti dall’inizio del conflitto l’8 ottobre.

Ansa/EPA/MOHAMMED SABER
Paltel, operatore telefonico palestinese, su Facebook ha annunciato “il graduale ritorno in funzione dei servizi di comunicazione (linee di terra, cellulari e internet) in differenti zone dopo la disconnessione da parte israeliana”.
L’avanzata dell’invasione israeliana nella Striscia mira certamente alla liberazione degli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre, almeno 240 persone di varie nazionalità portate nella Striscia dopo l’attacco alle località del sud di Israele – la città di Sderot e i kibbutzim circostanti. L’attacco ha ucciso almeno 1.400 persone e non si sa quanti degli ostaggi portati a Gaza siano ancora vivi.
Ma l’invasione pone due enormi problemi. Quello immediato è la crisi umanitaria: centinaia di migliaia di persone si sono spostate nelle scorse settimane ammassandosi nel sud della Striscia, senza però poterne uscire perché l’Egitto mantiene chiusi i valichi di frontiera. Come tutte le agenzie dell’Onu continuano a riportare (e come ha scritto anche La Voce dal Palazzo di vetro), tutti i servizi a Gaza sono collassati.
Le forniture alimentari esterne (da cui la Striscia dipende per la sopravvivenza), i servizi sanitari, le forniture idriche ed elettriche (Israele ha bloccato dall’8 ottobre l’arrivo di carburante): nulla funziona.
Nella notte, la Giordania ha paracadutato aiuti sanitari a un ospedale da campo giordano a Gaza in una operazione autorizzata da Israele. Lo dice un post su X del re Abdullah II: “è il nostro dovere per aiutare i fratelli e le sorelle feriti nella guerra su Gaza. Ci saremo sempre per i fratelli palestinesi”.
Particolarmente critica la situazione degli ospedali che lavorano come pronti soccorso di fortuna, affidandosi alla corrente dei generatori, e che ospitano anche decine di migliaia di sfollati. Israele ha bombardato anche strutture sanitarie, come il parcheggio delle ambulanze dell’ospedale al-Shifa a Gaza City venerdì scorso, perché dichiara che Hamas nasconde nei cunicoli sotterranei in particolare sotto le strutture civili, sia combattenti che carburante.
Il secondo enorme problema è il futuro: cosa vuole fare Israele a Gaza? Liberare gli ostaggi ancora vivi e ritirarsi? Ottenere l’obbiettivo dichiarato, ovvero distruggere le strutture di potere e la gerarchia di Hamas? Restare nella parte nord della Striscia? Quale sarà la sorte dei due milioni e più di palestinesi che vivono in questo territorio: saranno alla fine sfollati in parte in Egitto, o resteranno in una Gaza interamente da ricostruire, magari governata dall’Autorità nazionale palestinese che amministra la Cisgiordania?
La frenetica navetta diplomatica di questi giorni del segretario di Stato Antony Blinken fra Israele, i paesi arabi e la Turchia mira non solo a cercare delle ‘pause umanitarie’ per la popolazione ma anche a guardare al futuro.
Intanto il prezzo pagato dai civili palestinesi a Gaza è spaventoso. Senza considerare i feriti e l’incubo quotidiano di queste settimane, consideriamo il bilancio dei morti che sale di giorno in giorno. Le cifre vengono dal ministero della Salute, controllato da Hamas, e non sono verificabili, ma sono purtroppo plausibili: almeno 9.770 vittime, fra cui oltre 4.000 minori (il 40% della popolazione della Striscia ha meno di 14 anni). Le immagini France Presse qui sotto si riferiscono alla preghiera sui corpi dei defunti oggi, all’ospedale di Deir Al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza.