La marijuana non è più una “droga leggera”? Il contenuto del principio psicoattivo THC è aumentato nelle varietà coltivate negli ultimi decenni, e secondo uno studio della Johns Hopkins University pone seri rischi per il cervello degli adolescenti, soprattutto se hanno una predisposizione genetica alla schizofrenia.
La ricerca, effettuata sulle cavie, ha dimostrato che il principale composto psicoattivo della marijuana, il THC, genera cambiamenti nella struttura di alcune cellule cerebrali, le cellule microgliali, che potrebbero peggiorare una predisposizione genetica alla schizofrenia. I risultati, pubblicati il 25 ottobre su Nature Communications, si aggiungono alle molte ricerche riguardo i rischi per lo sviluppo cerebrale negli adolescenti che fumino o consumino prodotti a base di marijuana.
Atsushi Kamiya, professore di psichiatria e scienze comportamentali alla Johns Hopkins University School of Medicine, ricorda che “il THC è psicoattivo e che la sua concentrazione nelle piante di marijuana è aumentata di quattro volte negli ultimi 20 anni”.
L’uso della marijuana a scopo ricreativo e terapeutico si espande rapidamente negli Stati Uniti, ha aggiunto Kamiya, e “anche se serve maggiore ricerca, consigliamo vivamente la prudenza nel consumo da parte degli adolescenti”.
Si parla di “cellule microgliali” nel caso di un particolare tipo di cellule immunitarie del sistema nervoso centrale. Giocano un ruolo diretto nella comunicazione neuronale e sono cruciali nella maturazione del cervello degli adolescenti in relazione alle funzioni sociali e cognitive. Secondo i ricercatori, insomma, se il consumo di THC modifica strutturalmente le cellule microgliali, può alterare i sistemi di connessione cerebrale dei cervelli ancora immaturi.
L’esperimento ha coinvolto dei topi adolescenti geneticamente modificati per mimare un rischio genetico di disordini psichiatrici negli umani – oltre a un gruppo di controllo di topolini normali. Entrambi sono stati sottoposti a 30 giorni di iniezioni di THC (o di innocua soluzione salina) e poi testati per alcune reazioni: riconoscimento di odori, di oggetti, memoria, interazioni sociali. I topi geneticamente modificati esposti al THC hanno mostrato una riduzione delle cellule microgliali del 33% maggiore rispetto ai topi normali esposti al THC.
I ricercatori lanciano alcuni caveat: prima di tutto, un esperimento sui topi geneticamente modificati non si può trasferire direttamente al cervello umano. In secondo luogo, è solo l’inizio: bisogna ancora studiare come la diminuzione delle cellule microgliali influenzi la funzionalità dei neuroni.
Ma “questo tipo di studi è essenziale perché la marijuana sta diventando più comune e stiamo solo cominciando a capire come influenzi le cellule immunitarie del cervello” dice Yuto Hasegawa, ricercatore di psichiatria e scienze comportamentali alla Johns Hopkins.