Il presidente Joe Biden andrà mercoledì a Tel Aviv. Lo ha confermato la Casa Bianca. Questo spiega il nuovo tour diplomatico del segretario di Stato Antony Blinken che è tornato in Israele e ha incontrato il primo ministro Benyamin Netanyahu, il presidente Isaac Herzog e il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Contatti che hanno fatto da prologo alla decisione di Biden di andare a Tel Aviv. Oggi il presidente Biden ha disdetto un appuntamento in Colorado per restare a Washington e seguire gli eventi mediorientali prendendo parte a una riunione del Consiglio sulla Sicurezza Nazionale.
Domenica sera il capo della Casa Bianca, intervistato dal giornalista Scott Pelley per il programma “60 Minutes” di Cbs News ha detto che un’occupazione israeliana di Gaza sarebbe “un grosso errore”, aggiungendo che Hamas non rappresenta tutti i palestinesi. Biden ha anche aggiunto che deve essere completamente eliminato, ma che deve aprirsi anche una strada verso uno Stato palestinese anche se crede che Israele in questo momento non perseguirà questa possibilità. “Ma credo che Israele capisca che una parte significativa dei palestinesi non condivida le opinioni di Hamas e Hezbollah”.
Questo di Blinken è il secondo giro di colloqui a Tel Aviv in pochi giorni dopo i contatti che il segretario di Stato ha avuto nella regione in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre in cui sono stati uccisi 1400 israeliani e 200 sono stati rapiti. La risposta israeliana è stata furibonda: quasi tre mila morti per i bombardamenti sulle case da cui sono partiti più di 5 mila razzi e un accerchiamento da terra e dal mare della Striscia di Gaza.

L’invasione da terra e dal mare dei militari israeliani è imminente dopo che nei giorni scorsi è stata tagliata l’acqua e l’elettricità. L’operazione ha il duplice scopo di trovare e cercare di portare in salvo gli ostaggi e di catturare i militanti di Hamas che hanno commesso le stragi e di distruggere le loro istallazioni militari. Un portavoce della Difesa di Israele ha rivendicato l’uccisione del capo dell’intelligence di Hamas in un raid aereo su Gaza. Sono stati allertati anche 2 mila soldati americaani per preparare un dispiegamento a sostegno di Israele. “I soldati – ha detto un portavoce del Pentagono – avranno compiti di consulenza e supporto medico e non sono destinati al combattimento”. I militari fanno parte di contingenti già di stanza sia in Medio Oriente che in l’Europa, e non è chiaro in quali circostanze potrebbero essere schierati o in quale zona, ma la decisione del Pentagono segnala che saranno pronti a sostenere le truppe israeliane appena verrà lanciata l’incursione a Gaza. Una mossa per cercare di contenere il conflitto in modo che non si espanda agli stati confinanti.
Le nuove tensioni e il viaggio di Biden hanno spinto Blinken ad avere nuovi colloqui con Netanyahu e Gallant dopo che la Casa Bianca ha ammesso apertamente – per bocca del consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan – di “non poter escludere che l’Iran scelga di impegnarsi direttamente in qualche modo” in questo conflitto.
Nel corso dei colloqui traa il segretario di Stato e i leader israeliani che sono avvenuti in un bunker mentre su Tel Aviv suonavano le sirene d’allarme per altri razzi lanciati da Gaza, si è parlato anche dell’apertura del valico di Rafah tra la Striscia e l’Egitto dove centinaia di migliaia di sfollati sono in attesa di poter varcare il confine. A Gaza ci sono circa 600 palestinesi con la cittadinanza statunitense. La situazione a Rafah comunque non è chiara. Il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, ha detto che il governo israeliano deve ancora prendere una decisione. Elicotteri israeliani avrebbero bombardato alcune strutture lungo il confine e per tutta la giornata la frontiera è stata chiusa.
“Speriamo che più tardi possa essere aperto per alcune ore, ma ancora una volta, dobbiamo solo aspettare e vedere come va”, ha detto John Kirby. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la situazione a Rafah è disastrosa, al limite del collasso.

Resta alta la tensione anche al confine Nord, tra Israele e Libano, dopo le cannonate tra l’esercito israeliano e la milizia sciita libanese Hezbollah.
Oggi l’esercito di Tel Aviv ha ordinato l’evacuazione degli abitanti di 28 villaggi e dei kibbutz nel raggio di 2 miglia dal confine con il Libano, mentre Hezbollah avrebbe iniziato a distruggere le telecamere di sorveglianza posizionate dai militari israeliani lungo la frontiera, probabilmente per impedire il monitoraggio dei movimenti sul lato libanese.
Per tutta la giornata si sono susseguiti lanci di razzi, missili e cannonate da una parte all’altra della frontiera. I combattenti di Hezbollah hanno lanciato diversi attacchi (venti secondo la milizia, nove secondo Tel Aviv, di cui cinque intecettati) contro le postazioni dell’esercito israeliano al confine, uccidendo un soldato e ferendone altri quattro.
Un razzo ha colpito, tra l’altro, probabilmente per un errore, il quartiere generale del contingente Unifil (Forza di interposizione in Libano delle Nazioni unite) che fa da “cuscinetto” tra i due Paesi. Le forze di difesa israeliane hanno risposto con l’artiglieria dichiarando di aver preso di mira le posizioni da cui erano stati lanciati una decina di razzi.
Hezbollah ha affermato che l’incremento degli attacchi è un avvertimento e non significa che abbia deciso di unirsi alla guerra tra Israele e Hamas. Anche Tel Aviv ha scongiurato l’apertura di un nuovo fronte al nord: “Non vogliamo un’escalation della situazione – ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant -, ma se Hezbollah sceglie la via della guerra, pagherà un pesante prezzo”.