Il tour mediorientale del segretario di Stato Antony Blinken sembra sospeso fra la ricerca di sostegno per Israele dopo l’efferato attacco di Hamas, e il tentativo di evitare una escalation del conflitto, sia in termini della catastrofe umanitaria che si profila a Gaza, sia in termini di un eventuale allargamento delle ostilità al sud del Libano.
In Qatar, paese raggiunto dopo Israele e Giordania, Blinken ha annunciato che “abbiamo chiesto agli israeliani di prendere ogni possibile precauzione per evitare vittime civili a Gaza”; chiesta inoltre la creazione nella Striscia di zone sicure per la fornitura di riparo, cibo, acqua e medicine (dipendenti dall’aiuto umanitario). Blinken ne ha parlato, riferiscono fonti americane, incontrando a Gerusalemme il primo ministro israeliano, Benjiamin Netanyahu. Concretamente, queste raccomandazioni appaiono impossibili da applicare. Ma è importante che Blinken, come pure da Washington il presidente Joe Biden, abbia detto “riconosciamo che molte famiglie palestinesi a Gaza stanno soffrendo e non per colpa loro, e che anche civili palestinesi hanno perso la vita”. In una settimana, sarebbero 1.900, fra cui molte centinaia di donne e bambini.
Anche da Doha, Blinken ha ripetutamente difeso il diritto di Israele a proteggersi aggiungendo che “la cosa è complicata perché Hamas usa i civili come scudi umani, li mette in luoghi dove li usa per proteggere i dirigenti di Hamas o le loro infrastrutture”. E ancora: “i civili non dovrebbero essere bersaglio di operazioni militari. Non sono bersaglio delle operazioni israeliane. Sono deliberatamente bersaglio delle operazioni di Hamas”. Posizione che non trova molto favore nei paesi arabi che sta visitando.

L’ultimatum di Israele ad evacuare il Nord della Striscia di Gaza – in preparazione di un’offensiva via terra per schiacciare Hamas, al governo nel territorio – potrebbe spingere milioni di palestinesi in territorio egiziano, a sud della Striscia, sebbene la frontiera sia chiusa – con conseguenze imprevedibili anche in termini di rabbia nei paesi mediorientali. Blinken ha fatto pressione a distanza sul presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi perché apra la frontiera sud di Gaza verso l’Egitto stabilendo un corridoio umanitario.
L’Egitto resiste, anche perché non si tratta solo di accogliere temporaneamente milioni di sfollati: è imprevedibile quando potranno tornare a casa nella Striscia distrutta dai bombardamenti. Allo stesso modo, giovedì in Giordania il leader dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas aveva espresso a Blinken il suo totale rifiuto ai tentativi di ricollocare in Cisgiordania la popolazione della Striscia di Gaza dopo l’ordine di evacuazione di Israele. Il presidente dell’ANP ha però denunciato la catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza per la cessazione di tutti i servizi umanitari e la chiusura dell’unica centrale elettrica.
Blinken e il re giordano Abdullah hanno invece discusso degli sforzi compiuti per “assicurare il rilascio di tutti gli ostaggi e impedire che il conflitto si allarghi” oltre alla necessità di soddisfare “i bisogni umanitari dei civili a Gaza mentre Israele conduce operazioni di sicurezza legittime per difendersi dal terrorismo”; linguaggio diplomatico che non rivela molto su quello che si sono detti davvero.

Abdullah di Giordania (mediatore tradizionale fra Israele e palestinesi) e Mahmoud Abbas (l’anziano leader dell’ANP che guida la Cisgiordania, l’altra metà del devastato semi-stato palestinese) hanno i loro interessi, come Stati Uniti e Israele, a vedere distrutto Hamas. Il problema è come, e anche se Israele ci riuscisse, cosa potrebbe succedere poi nella Striscia, territorio chiuso dove vivono oltre due milioni di persone, molti giovanissimi: come governarla e ricostruirla. L’Autorità nazionale palestinese da parte sua è già in difficoltà a guidare, in Cisgiordania, un territorio spezzettato dalle colonie israeliane che il governo israeliano di Benjiamin Netanyahu continua a sostenere.
Non solo: sia i palestinesi che gli Stati Arabi temono che le fazioni più a destra del governo di unità nazionale ora al potere in Israele stiano progettando l’espulsione permanente dei palestinesi della Striscia, non solo lo spostamento dei civili per schiacciare la leadership di Hamas. Sarebbe una replica della grande fuga del 1948, alla creazione dello Stato di Israele: quella che i palestinesi chiamano la Nakba, la catastrofe.
A Doha, il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, ha detto che sta lavorando per evitare l’escalation del conflitto, per stabilire dei corridoi umanitari e la liberazione degli ostaggio israeliani.