“Partire è un nostro dovere” a pronunciare queste parole i numerosi israeliani che si trovavano all’estero al momento della chiamata dei 360.000 riservisti, da parte del loro governo. Alcuni fra questi erano addirittura in luna di miele, ma quando lo Stato di Israele ha iniziato a radunarli, in seguito alla dichiarazione di guerra a Hamas, la risposta è stata immediata e unanime.
“Stanno arrivando tutti. Nessuno si sta tirando indietro” ha dichiarato a Reuters Yonatan Steiner, che è rientrato da New York, dove lavorava per un’azienda tecnologica, e che si riunirà all’unità medica dell’esercito di cui aveva fatto parte. L’onda emotiva generata dall’assalto di sabato, da parte delle milizie di Hamas, che hanno invaso basi militari, città e kibbutz, uccidendo oltre 1.200 fra civili e soldati e ferendone più di 2700, ha spinto a una mobilitazione di massa.
Anche se la maggior parte di loro si trovava già in Israele, i numerosi che vivevano all’estero hanno deciso di lasciare ogni cosa pur di tornare in patria, per la più grande convocazione obbligatoria di questo tipo, dalla guerra dello Yom Kippur del 1973. Dopo le prime inevitabili reazioni di shock e disorientamento di fronte a tutto quanto stava capitando, gli israeliani oltre frontiera hanno iniziato tramite WhatsApp a organizzare il loro ritorno, condividendo informazioni sulla logistica e disponibilità dei voli. Il reperimento dei biglietti aerei è risultata infatti la parte più complessa, anche se La’aretz, un’organizzazione ebraica senza fini di lucro, già si stava già muovendo per assicurare la maggior quantità di posti disponibili e i consolati a concedere voli gratuiti per il rimpatrio.

I media statunitensi hanno inoltre riferito che alcune persone si sarebbero recate in aeroporto, ai banchi della compagnia aerea israeliana El Al a New York, offrendo di acquistare le carte d’imbarco da chiunque avesse i documenti di chiamata. Mentre i vettori internazionali, soprattutto compagnie low cost si sono trovate a dover cancellare voli per Tel Aviv, le compagnie israeliane sulle rotte estere li hanno aggiunti, per facilitare il ricongiungimento. Sono 177mila, i soldati attivi nell’esercito che rientrano nel personale di leva quando compiono 18 anni. Gli uomini hanno un fermo obbligatorio di tre anni, le donne che rappresentano il 30% degli effettivi, di due.
Risultano invece oltre 400mila, i riservisti che potranno essere chiamati in caso di necessità. Con la – legge sul servizio di riserva – approvata nel 2008, l’età di esenzione è stata ridotta a 40 anni per i soldati semplici, a 45 per gli ufficiali e 49 per coloro che hanno compiti specifici, fra cui i funzionari dell’apparato medico, autisti, tecnici e meccanici. Per quanto riguarda invece le donne, dopo aver terminato il periodo di leva obbligatorio, possono rimanere, seppure in determinate posizioni e fino ai 40 anni di età, sono esonerate dalla chiamata quelle in gravidanza e con figli. Tutti indistintamente, possono essere periodicamente richiamati nelle forze armate per svolgere esercitazioni, variabili da una giornata a più settimane, rispetto all’unità di appartenenza, o in caso di emergenza o conflitto.
I riservisti sono una forza sempre più utilizzata dagli Stati come gli Usa, che lo scorso luglio ne hanno mobilitati fino a 3000, in risposta alle azioni della Russia in Ucraina e per aumentare il nucleo dell’Operazione Atlantic Resolve iniziata nel 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte di Mosca.