Il segretario di Stato Antony Blinken parte questa sera per Tel Aviv, inviato dal presidente Biden in segno di sostegno ad Israele.
Nell’agenda del responsabile del Dipartimento di Stato ci sono gli incontri di domani con il primo ministro Netanyahu e il capo della diplomazia, Eli Cohen, ma anche con il nuovo esecutivo di unità nazionale creato nel corso della notte istituito per fronteggiare l’emergenza della guerra del quale fanno parte il leader dell’opposizione Benny Gantz, l’ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot e l’ex ministro della giustizia Gideon Saar. Nella ristretta “cabina di comando” ci sono ora Netanyahu, Gantz, il ministro della difesa attuale Yoav Gallant, Eisenkot e il ministro degli affari strategici Ron Dermer che aggiorneranno Blinken sulla situazione.
Il segretario di Stato ha ricevuto il mandato dalla Casa Bianca di fornire a Israele tutto il sostegno possibile, ma Blinken sta anche cercando di capire se sia possibile creare un corridoio umanitario dalla Striscia di Gaza con l’Egitto.
Circa 250.000 persone – più di un decimo della popolazione – sono fuggite dalle proprie case a Gaza, la maggior parte affollandosi nelle scuole delle Nazioni Unite. Altri si sono spostati sulle spiagge, fuori dai centri abitati. Dopo l’attacco di Hamas, Israele ha bloccato l’ingresso di cibo, acqua, carburante e medicinali nel territorio. L’unico accesso rimasto dall’Egitto è stato chiuso martedì dopo che gli attacchi aerei hanno colpito alcuni camion vicino al valico di frontiera. L’unica centrale elettrica di Gaza è stata spenta mercoledì pomeriggio perché era rimasta senza carburante.
“L’indicazione del presidente Biden è stata quella di fornire a Israele tutto ciò di cui ha bisogno in questo momento per affrontare gli attacchi di Hamas”, ha detto Blinken.

Il Segretario di Stato ha ripetutamente difeso il diritto di Israele a difendersi tra gli appelli delle Nazioni Unite e di altri a ridurre la risposta israeliana. Lunedì il Dipartimento di Stato ha cancellato un messaggio sui social media che era stato messo dopo l’attacco di Hamas che esortava tutte le parti “ad astenersi dalla violenza e dagli attacchi di ritorsione”.
Da Israele sono state avanzate richieste specifiche alla Casa Bianca tra cui il rifornimento di missili terra-aria Iron Dome, bombe di piccolo diametro, munizioni per mitragliatrici e una maggiore cooperazione sulla condivisione dell’intelligence, in particolare nel sud del Libano. Un primo carico di armi è già arrivato ieri. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha condiviso su X, precedentemente noto come Twitter, la foto di un cartellone pubblicitario lungo una strada che raffigurava il presidente degli Stati Uniti Joe Biden insieme al messaggio “grazie, signor presidente”.
Al largo delle coste israeliane ci sono la portaerei USS Gerald R. Ford, l’incrociatore di classe Ticonderoga USS Normandy e quattro cacciatorpediniere, inviate dal Pentagono.
Tutto lascia credere che l’invasione da terra dei militari israeliani nella striscia di Gaza sia imminente.

Dopo le stragi di Hamas di civili israeliani, Blinken ha lanciato una raffica di appelli ai suoi omologhi in Medio Oriente nel tentativo di convincere gli alleati e i partner degli Stati Uniti a inviare un messaggio chiaro all’Iran, a Hezbollah e ai palestinesi in Cisgiordania di astenersi dall’entrare nel conflitto.
Finora i servizi segreti americani e israeliani hanno messo in dubbio l’idea che l’Iran fosse direttamente coinvolto nella pianificazione, nel finanziamento o nell’approvazione dell’operazione lanciata da Hamas. Gli 007 continuano però a cercare le prove del coinvolgimento iraniano anche se secondo il New York Times ci sono informazioni secondo le quali alti funzionari del governo iraniano sono stati colti di sorpresa dall’attacco di Hamas.
Nonostante ciò a Washington tre senatori democratici in corsa per la rielezione il prossimo anno stanno esortando il presidente Biden a ripristinare il blocco dei beni iraniani per un valore di 6 miliardi di dollari che erano stati sbloccati come parte di uno scambio di prigionieri annunciato il mese scorso. I senatori Joe Manchin del West Virginia, Jon Tester del Montana e Jacky Rosen del Nevada si sono uniti a decine di repubblicani della Camera e Senato che chiedono il blocco ai fondi.