Una nuova scossa ai Campi Flegrei alle porte di Napoli nella notte del 2 ottobre ha spinto in strada migliaia di persone. Magnitudo 4, tanta paura: sono giorni che va avanti uno sciame sismico nella zona e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha sottolineato che l’area è costantemente sotto controllo”, “perché molto instabile”. Esiste un piano di evacuazione: speriamo che se necessario, funzioni.

Il problema a Napoli è doppio: da un lato la vivace attività vulcanica dei Campi Flegrei, nel golfo di Pozzuoli a ovest della città – più o meno violenta a seconda dei periodi – dall’altro l’ombra del Vesuvio, il grande vulcano non spento ma silenzioso, che nel 79 dopo Cristo seppellì di cenere le città di Pompei ed Ercolano. L’ultima eruzione risale al 1944; adesso il cratere è ostruito. Sulle pendici di quello che Giacomo Leopardi chiamò “il formidabil monte/sterminatore Vesevo”, nel frattempo, si è costruito, e molto: migliaia di edifici abusivi nel parco, villette, palazzi, palazzoni.
Come si può costruire sulla schiena di un vulcano a rischio esplosione? Pare incredibile, ma convivere col vulcano – in un misto di rassegnazione e fatalismo – è la norma in diversi punti del Meridione italiano: il Vesuvio è il più pericoloso ma non il solo.
A Catania, le frequenti eruzioni dell’Etna – il vulcano più grande d’Europa – caratterizzate da colate laviche e nuvole di cenere – costringono spesso alla chiusura l’aeroporto di Fontanarossa, e il parco intorno al vulcano è abitato. Secondo il Dipartimento della Protezione Civile, le colate laviche sono troppo lente per costituire un pericolo per le persone. Nel Catanese vive quasi un milione di cittadini.
Nel mare a nord della Sicilia, la costellazione delle Eolie – tutte isole vulcaniche in origine – è incoronata da Stromboli, la più vicina all’Italia continentale. Stromboli non è un’isola con un vulcano, è proprio – come risulta chiaro vedendolo dal mare – un cono vulcanico su cui si è costruito (per un terzo emerso, per due terzi sott’acqua). I vacanzieri che affollano l’isola ogni estate provano il brivido di vivere sotto il mostro, e del resto molto vanno proprio per fare trekking, con una guida, fino alle bocche di fuoco: Stromboli è in attività costante, le sue colate laviche scendono lungo un lato scarnificato dell’isola, la sciara (la strada) del fuoco, il suo brontolio accompagna le giornate. I locali lo chiamano, con rispetto, Iddu – così come i catanesi chiamano l’Etna il Mongibello.

E se Stromboli esplodesse? Sulla costa ci sono cartelli che invitano a salire lontano dal mare in caso di tsunami (presumibilmente, in tempo per incontrare la lava che scende). “E se domani cadi in casa e ti rompi la testa?” rispondono gli strombolani: fatalismo, e l’adrenalina di vivere coi brividi.
Intanto, però, a Napoli, in molti pensano al terremoto d’Irpinia del 1980, alle ferite che portò alla comunità; e il bradisismo nella zona dei Colli Flegrei provoca crepe ai palazzi.