Viktor Sokolov è – forse – ancora vivo. Il comandante della Flotta russa del Mar Nero, di cui gli ucraini avevano annunciato la morte assieme ad altri 34 ufficiali di Mosca nei raid missilistici sulla Crimea, è invece apparso martedì in una riunione di alti ufficiali alla presenza del ministro della Difesa Sergej Shoigu.
Il filmato pare dunque contraddire le tesi ucraine, anche se il mistero rimane, dal momento che nella summenzionata riunione l’ammiraglio – di cui si vede solo un mezzobusto – non ha proferito parola.
Lunedì gli ucraini non avevano nominato esplicitamente Sokolov, limitandosi a sostenere che “il comandante” della Flotta del Mar Nero fosse tra i funzionari militari di Mosca neutralizzati negli attacchi di venerdì al quartier generale della flotta nemica a Sebastopoli.
Il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov aveva dichiarato all’emittente statunitense Voice of America che almeno nove persone sarebbero state uccise e altre 16 ferite nell’attacco di venerdì. Secondo Budanov, tra le vittime del blitz ci sarebbero stati anche il colonnello generale russo Aleksandr Romanchuk – definito in “condizioni molto gravi” – e il tenente generale Oleg Tsekov, che avrebbe perso coscienza.
Le truppe di Kyiv hanno recentemente intensificato gli attacchi nel Mar Nero e in Crimea, in quello che è ormai il quarto mese di controffensiva ucraina per riconquistare i lembi di territorio occupati dai russi nel sud e nell’est del Paese.

In queste ore, intanto, è previsto il ritorno a Kyiv del presidente Volodymyr Zelensky. Il leader ucraino ha trascorso la scorsa settimana compiendo un tour nordamericano che lo ha portato dapprima a New York – dove si è rivolto all’Assemblea Generale e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU -, poi a Washington – dove ha incontrato Joe Biden e alcuni membri del Congresso – e infine a Ottawa – dove ha tenuto un accorato discorso nel parlamento canadese.
Sabato Zelensky ha infine fatto una breve sosta a Lublino, in Polonia, nel pomeriggio, per onorare due volontari polacchi nel bel mezzo di un’animata querelle con Varsavia su grano e fornitura di armi.
Nella sua concitata tournée Zelensky è riuscito a portare a casa almeno un obiettivo, quello di strappare alla Casa Bianca (e al Pentagono) il sì sulla fornitura di un limitato numero di ATACMS, missili a lungo raggio che consentirebbero a Kyiv di colpire obiettivi distanti fino a 300 km – e funzionali a distruggere linee di rifornimento, ferrovie e postazioni di comando e controllo dietro le linee del fronte russo.
“(L’Occidente) sta combattendo direttamente contro di noi”, aveva tuonato sabato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov durante un incontro con i giornalisti al Palazzo di Vetro, riferendosi agli aiuti militari forniti dai Paesi occidentali alle forze di Kyiv. “La possiamo chiamare guerra ibrida, ma non cambia la sostanza”.