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August 28, 2023
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In California si sogna una nuova città utopica

L'obiettivo di alcuni paperoni della Silicon Vllaey è creare una metropoli dinamica ma allo stesso tempo vivibile

Alessandra QuattrocchibyAlessandra Quattrocchi
In California si sogna una nuova città utopica

Santa Cruz Mountains of Northern California (Jawed Karim, CC BY SA-3.0, Wikimedia Commons)

Time: 3 mins read

Almeno da duemilacinquecento anni l’essere umano sogna una Città Ideale (invece di quelle imperfette in cui ci tocca vivere) e c’è proprio questa speranza dietro alla associazione che ha speso 800 milioni di dollari per comprarsi migliaia di ettari di terreno in California, nell’area della baia di San Francisco. Cinque anni di misteri e di acquisti a prezzi molto superiori al mercato, per convincere anche i più renitenti, per lo più in terreni agricoli.

La Flannery Associates conta tutti investitori nelle tech companies della Silicon Valley (per chi è interessato, l’elenco è qui sotto). Vorrebbero creare una metropoli piena di vita che generi migliaia di posti di lavoro ma che sia allo stesso tempo vivibile – a dimensione umana – insomma dove ci si possa muovere senza auto come a Parigi o nel West Village di New York. Sono usciti allo scoperto da poche settimane e secondo un comunicato sono tutti “californiani convinti che i giorni migliore della contea di Solano e della California debbano ancora arrivare”.

Ecco la lista degli investitori secondo il New York Times: il miliardario Michael Moritz (venture capitalist), Reid Hoffman (fondatore di Linked-in e finanziatore democratico), Marc Adreessen e Chris Dixon, i fratelli Patrick e John Collison, cofondatori della piattaforma per pagamenti Stripe; Laurene Powell Jobs, fondatrice dell’Emerson Collective, Nat Friedman e Daniel Grosso, imprenditori e ora investitori.

Non è la prima volta. Platone in Grecia sognava La Repubblica, e nel Rinascimento Tommaso Campanella La Città del Sole, Thomas More Utopia (tutte celebrate nelle opere omonime): gli ultimi due però fautori dei beni in comune e dell’abolizione della proprietà privata – fonte di avidità. I miliardari americani ovviamente hanno un’idea ben più capitalista del loro buen retiro. Questo crea alcune contraddizioni difficili da sanare, e infatti la Flannery Associates potrebbe studiare con profitto i precedenti casi di Città ideale tentata e fallita in USA: ce ne sono diversi negli sterminati territori americani (in un posto ad alta densità abitativa come l’Italia è più difficile inventarsi una isola felice. Magari su un’isola, appunto).

L’idea di una comunità utopica dall’era coloniale in poi è sempre piaciuta negli States, soprattutto nel 19esimo secolo: un luogo chiuso al mondo e teso a raggiungere un ideale di perfezione fra persone di simili mire. Si è incarnato in molte forme: comuni, eco-villaggi, comunità religiose di vario tipo, ritiri mistici, ritiri yoga. Alcune si sono spente nel tempo, altre hanno lasciato una traccia profonda.

Ma oggi appunto le Città Ideali sanno molto più di mercato. Nel 2018, per esempio, è nato Willow Village sempre in California, 50 acri fra Manlo Park e East Palo Alto: residenze, uffici, un negozio di alimentari, una farmacia. Vuole anche essere una risposta ai costi esorbitanti del mattone. Ma Willow Village è stato fondato da Facebook, e il dubbio – lecito – è che l’impero Zuckerberg volesse anche a un posto comodo per controllare i suoi impiegati. Anche Google, del resto, ha annunciato la costruzione di 5-10mila case sul suo terreno di Mountain View – in questo caso proprio per gli impiegati. Più che Città Ideali, questi sono quartieri per dipendenti (nel bene e nel male).

Peter Thiel, cofondatore di Pay Pal e investitore di Facebook, invece aveva pensato al Seaside Institute, una società costruita su piattaforme galleggianti in mare aperto, senza tasse e senza leggi americane.

In Florida invece fu la Disney a sognare Celebration nella città di Osceola. Era il 1996, oggi si estende su oltre 27mila acri e ospita circa 11mila persone. Il progetto di Walt Disney in persona, datato 1966, voleva creare una riproposizione concreta di Disneyworld: una città magica del futuro immersa nell’equilibrio e nell’armonia. L’idea venne ripresa nel 1994: gli abitanti avrebbero dovuto anche frequentare dei corsi per imparare ad essere “buoni cittadini”. La Walt Disney non possiede più la città – travagliata da accuse di pessima costruzione, dal fallimento della sua utopica scuola (la Celebration Teaching Acadamy), ma anche dal prezzo elevato delle case, seppure viziate da problemi strutturali.

L’aspetto del censo è il più interessante anche di fronte al nuovo tentativo della Flannery Associates. Una Città ideale dove può entrare solo gente ricca o molto ricca non è tanto un’Utopia quanto una comunità protetta, la versione espansa di un residence di lusso.

La Flannery comunque ha un bel problema – i terreni che ha comprato non sono a uso residenziale. Nel difficile mercato californiano (e la zona della Baia di San Francisco è fra le più care dello Stato), cambiare destinazione d’uso per avere i permessi di costruzione sembra un compito arduo. Secondo il New York Times, l’unica via sarà chiedere un referendum ai residenti di Solano County, contando di convincerli che il progetto porterà migliaia di posti di lavoro e consistenti investimenti in infrastrutture: parchi, un centro culturale, nuovi ristoranti, nuovi centri commerciali. Quanto ci sia di utopico è da dimostrare.

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Alessandra Quattrocchi

Alessandra Quattrocchi

Giornalista e scrittrice, si occupa di politica nazionale e internazionale, cultura, società lingua e letteratura Alessandra Quattrocchi is a journalist, essayist, videomaker and storyteller. She deals mainly in politics, literature and the arts.

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