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August 25, 2023
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Sidney Powell, vittima dell’effetto boomerang della sua “Big Lie”

Accusava i democratici di aver manomesso le macchinette elettorali, in realtà era stato il suo team

Massimo JausbyMassimo Jaus
Sidney Powell, vittima dell’effetto boomerang della sua “Big Lie”

Sidney Powell

Time: 4 mins read

L’ironia del destino. Sidney Powell, l’avvocato di Donald Trump che accusava i democratici di aver manomesso le macchinette elettorali per il voto nelle elezioni presidenziali del 2020, è stata incriminata per aver manomesso queste macchinette.

Si è costituita mercoledì ad Atlanta accusata con altri 18 coimputati, tra cui l’ex presidente Donald Trump, del complotto per ribaltare in Georgia il risultato delle elezioni presidenziali del 2020.

Per più di un anno Sidney Powell ha diffuso la “Big Lie”, le falsità sulle elezioni vinte da Biden accusandolo di brogli effettuati utilizzando un algoritmo all’interno del software delle macchinette per il voto.

Nello specifico del rinvio a giudizio, Sidney Powell è accusata di crimini informatici per aver organizzato un raid notturno nella sede elettorale della contea di Coffee in Georgia, durante il quale venne asportato da una macchinetta il software nel tentativo di provare l’hacking elettorale. Paradossalmente, come con un boomerang, è stata colpita dall’accusa che aveva lanciato contro Biden.

Subito dopo le elezioni del 2020, per promuovere la “Big Lie” di Donald Trump, a ogni incontro con i parlamentari più fedeli all’ex presidente ripeteva la favola del complotto aggiungendo di volta in volta altri bizzarri particolari. Un piano contorto in base al quale un “algoritmo”, che era stato creato “sotto la direzione” dell’ex presidente venezuelano Hugo Chavez (morto nel 2013) per influenzare i propri risultati elettorali, era stato utilizzato dalla società che produce le macchinette elettorali, la Dominion Voting System – azienda che, secondo lei, aveva legami con la Fondazione Clinton e Soros – per cambiare i voti da Trump a Biden. Aggiungendo anche che il piano era fallito perché il sostegno per Trump era stato così forte che i democratici erano stati costretti a usare un metodo “alternativo” per manipolare il voto alterando le schede elettorali per posta portate ai seggi elettorali nel buio della notte. Il tutto condito con server tedeschi che memorizzavano le informazioni sul voto.

Follie raccontate per abbindolare creduloni complottisti, ammaliati dalla favola elettorale alla quale di volta in volta Sidney Powell aggiungeva altri incredibili particolari con le “testimonianze” di compiacenti parlamentari. Nel minestrone delle bugie sono finiti Antifa, Cuba, Black Lives Matter. Tutto quello che l’estrema destra vuole sentire. Follie di fantapolitica strombazzate da Steve Bannon, nei suoi programmi radio, Mark Levin, Rush Limbaugh, Alex Jones e soprattutto da Fox News che alla fine ha dovuto patteggiare il maxi risarcimento di quasi 800 milioni di dollari con la Dominion Voting Systems che aveva citato in giudizio il network televisivo per diffamazione.

Difficile da credere, ma Sidney Powell ha cominciato la sua carriera come assistente procuratore federale in Texas. Come tanti “stravaganti” personaggi che sono saliti alla ribalta negli ultimi anni, Powell lo ha fatto sulla scia di Trump. È diventata una beniamina dei media conservatori per i suoi attacchi al Russiagate e per la sua volontà di castigare il Dipartimento di Giustizia per le indagini sull’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn. Una difesa accorata che ha attirato l’attenzione di Donald Trump, che l’ha chiamata più volte prima che assumesse la difesa di Flynn nel 2019.

A novembre 2020 è stata al fianco di Rudy Giuliani e Jenna Ellis, un altro avvocato incriminato nel caso della Georgia. I tre formarono una “forza d’élite d’attacco” per smascherare le frodi elettorali. Le conferenze stampa che fecero dopo che i tribunali avevano respinto le loro accuse, con Giuliani che sgocciolava la tintura dei capelli e Sidney Powell accanto a lui, quasi in competizione per vedere chi la raccontava più grossa.

Come Dominion ha poi dimostrato nella sua causa per diffamazione contro Fox News, i conduttori e i dirigenti della rete televisiva pensavano che fosse assolutamente fuori di testa per aver fatto tali accuse, ciò nonostante la invitavano sempre più spesso ai loro programmi. Sidney Powell è attualmente al centro di una causa per diffamazione separata da parte di Dominion che le chiede un risarcimento di 1,3 miliardi di dollari.

Una cosa fondamentale per la sua incriminazione in Georgia è che firmò un contratto con SullivanStrickler, una società di dati forensi con sede nella contea di Fulton, per eseguire analisi sui tabulatori elettorali in Nevada e Michigan. Secondo l’accusa, i membri di SullivanStrickler hanno successivamente avuto accesso alle apparecchiature di voto e alle copie dei dati sensibili dei sistemi elettorali della Coffee County senza una autorizzazione legale. I filmati di sorveglianza mostrano che sono stati scortati da Cathy Latham, allora presidente conteale del GOP, nell’ufficio elettorale della Georgia dove è stato copiato il software delle macchine elettorali. Cathy Latham è anche una dei 18 “falsi elettori” che firmarono i documenti falsi affermando la vittoria di Trump. Latham venne raggiunta quel giorno da Misty Hampton, supervisore elettorale della contea che aveva realizzato un video in cui sosteneva che le macchine Dominion nella sua contea erano state manipolate, e da Scott Hall, un assicuratore di Atlanta che fa le polizze per la libertà su cauzione, il quale aveva “esaminato le elezioni per conto del presidente” su richiesta del consigliere della campagna di Trump, David Bossie. Tutti sono stati incriminati. È stato Hall a chiamare un gruppo di sicurezza elettorale dello Stato della Georgia per dichiarare che la squadra di SullivanStrickler, che lui stesso era andato a prendere all’aeroporto, aveva copiato i software delle macchinette elettorali.

Un particolare importante è che tutto questo è avvenuto in una contea in cui Trump ha stravinto con un margine di 40 punti su Biden. Fondamentale per capire quanto profondamente la “Big Lie” fosse penetrata nella testa dei sostenitori dell’ex presidente.

Come risultato del suo ruolo nell’assunzione di SullivanStrickler, Powell è stata accusata di sei reati relativi alla violazione dei dati: due imputazioni di associazione a delinquere finalizzata a commettere frode elettorale, per accesso alle macchine per il voto e possesso di schede elettorali al di fuori di un seggio elettorale; associazione a delinquere finalizzata all’accesso abusivo al sistema elettorale provinciale; associazione a delinquere finalizzata al furto informatico, per aver sottratto i dati di Dominion; cospirazione per commettere un’invasione informatica della privacy, per aver consapevolmente “esaminato i dati personali degli elettori con la consapevolezza che tale esame era privo di autorità”; e cospirazione per frodare lo Stato, per aver “cospirato illegalmente e accettato di commettere il furto dei dati degli elettori”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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