Sorridenti, informali, senza cravatta e senza precedenti. Joe Biden riceve nelle villette blindate di Camp David in Maryland, teatro di tanti accordi internazionali, il presidente sud coreano John Suk Yeol e il premier giapponese Fumio Kishida per il primo summit trilaterale che ha lo scopo di rafforzare l’alleanza Usa nel Pacifico. L’interesse immediato è contenere l’espansione militare cinese e l’aggressività missilistica della Corea del Nord, anche inasprendo il pattugliamento delle rotte che Pechino intenderebbe dominare.
Il presidente Usa non vuole definire quello di camp David la nascita una piccola Nato dell’Asia ma è qualche cosa che gli assomiglia molto perché Usa, Giappone e Corea del Sud hanno sottoscritto ieri un protocollo non ancora di mutua difesa ma per vedersi almeno una volta l’anno, organizzare sempre più robuste manovre militari congiunte e vigilare sulla proliferazione nucleare di Pyongyan che ha ripreso stretti e preoccupanti rapporti con Mosca e Pechino.
Immediata la minacciosa la reazione dei cinesi che giudicano il summit trilaterale “provocatorio” ritenendo che avrà effetti ritorsioni proporzionati in tutta la regione.
Per apparire conciliante, Biden alla presenza dei suoi due ospiti fa sapere di essere pronto a incontrare il presidente Nord Coreano Kim Jong-un “senza precondizioni” per arrivare alla denuclearizzazione dell’intera area. Il giovane leader di Pyongyang però ha risposto invitando alti ufficiali cinesi e il ministro della difesa russo Shoigu ad assistere alle loro esercitazioni e parate militari dove vengono mostrati gli armamenti più sofisticati dai droni ai supermissili in grado di ospitare le testate nucleari, ma anche di essere venduti a chi ne farà richiesta.

Putin e Xi Jinping avevano già spinto le loro esercitazioni congiunte nelle settimane scorse fino ai confini dell’Alaska e quella è apparsa come una chiara risposta a chi avesse dubbi sul notevole consolidamento militare che Mosca e Pechino stanno mostrando agli occhi del mondo in vista anche della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre che potrebbe vedere il mondo diviso in blocchi sempre più definiti e contrapposti. E di un G20 al quale Putin aveva espresso addirittura l’intenzione di partecipare.
Ma con uno sguardo al comportamento del presidente Biden e alla politica interna americana, affiancato da Giappone e Corea due paesi contro i quali in momenti diversi del secolo scorso gli Usa hanno combattuto, il capo della Casa Bianca ha definito il summit di Camp David “coraggioso” ed è apparso non solo a suo agio come abile manovratore nei vertici ma anche come astuto e paziente tessitore di un’alleanza trilaterale non scontata considerata addirittura inimmaginabile solo qualche anno fa che potrà dare i suoi frutti non tanto nell’immediato quanto nei decenni a venire perché la Cina rimane comunque il grande gigante dell’area con rapporti commerciali fondamentali e irrinunciabili per tutti quanti da Pechino a Washington da Seul a Tokyo.
Lo slogan del summit è diventato “commitment to consult”, l’impegno a consultarsi soprattutto nelle situazioni di crisi e il nodo di Taiwan è uno dei principali e più esplosivi.
