Donald Trump si è dichiarato non colpevole dei quattro capi di accusa mossi nei suoi confronti per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio e per il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020.
L’ex presidente è comparso per questa udienza preliminare davanti al magistrato Moxila Upadhyaya. Il suo caso è stato fissato per il 28 agosto davanti al giudice Tanya Chutkan. Secondo quanto affermato dalla Cnn, che aveva un reporter nell’aula del tribunale, Donald Trump e Jack Smith, il procuratore speciale nominato dal ministro della Giustizia che ha supervisionato l’incriminazione, non si sono guardati. Questa terza incriminazione per Donald Trump, è forse la più pesante in assoluto.
L’ex capo della Casa Bianca è arrivato nel tribunale federale di Washington in una capitale barricata dalle forze dell’ordine che già dalle prime ore del giorno presidiavano l’Elijah Barrett Prettyman Federal Courthouse.
Le immagini trasmesse in televisione davano una visione surreale della città con gli spazzaneve a protezione del palazzo di giustizia in una calda e afosa giornata d’agosto.
I maggiori canali televisivi hanno interrotto i programmi per trasmettere in diretta le immagini dell’arrivo dell’ex presidente in tribunale. Tra questi anche Fox News, il canale “amico” di Trump, che in passato aveva snobbato le sue disavventure giudiziarie dedicando più tempo ai programmi in cui compiacenti commentatori lo difendevano o alle traversie legali di Hunter Biden. Proprio ieri sera l’ex presidente aveva invitato a cena nel suo club di Bedminster il presidente della stazione televisiva Jay Wallace e la chief executive Suzanne Scott.
Tutti i commentatori politici concordano che questa incriminazione per il tentativo insurrezionale del 6 gennaio sia quella più pericolosa e divisoria per gli Stati Uniti. Una pagina buia per un Paese che si fa vanto delle forti tradizioni democratiche. Mai l’America da dopo la Guerra Civile è stata così divisa. Oggi molti americani gioiscono, ed altri insorgono. Ma tutti trattengono il fiato in attesa del prossimo capitolo. Secondo l’ultimo sondaggio della Cnn, comunque, l’elettorato del Grand Old Party è ancora dalla parte di Trump. Ben il 69% dei repubblicani o simpatizzanti ritiene che la vittoria di Biden sia stata illegittima, un dato in aumento rispetto al 63% dell’inizio dell’anno. Non solo, di questi il 39% ritiene che ci siano prove concrete che le elezioni siano state truccate, mentre il 30% ha soltanto il “sospetto”.
President Trump departs Washington DC after pleading not guilty.
The Boss is headed home. pic.twitter.com/Rp4ZxsDI7K
— Daniel Baldwin (@baldwin_daniel_) August 3, 2023
Le domande ora che tutti si pongono sono se le udienze del processo saranno trasmesse in televisione in diretta, quanto influenzerà questo processo sulle elezioni, cosa accadrà se Trump dovesse essere riconosciuto colpevole, cosa accadrà se, invece, sarà assolto.
Il partito Repubblicano, che storicamente si è sempre definito il partito della legge e dell’ordine, dovrà ora decidere se continuare ad inginocchiarsi e mostrare lealtà a favore di Trump, per continuare a sfruttare la sua forte presa sull’elettorato, oppure cogliere questa occasione per allontanarsi nel timore che l’ex presidente venga condannato.
L’ex presidente prima dell’udienza non ha perso l’occasione e con un’email inviata ai suoi sostenitori per raccogliere fondi ha avvertito che potrebbe rischiare fino a 561 anni di carcere.
Lasciando Washington l’ex presidente ha detto che “Oggi è un giorno molto triste. Triste vedere il degrado della città, i graffiti e i negozi chiusi, non è più la città che ho lasciato. Questa è persecuzione di un oppositore politico. Persecuzione perché sono in vantaggio, non mi possono sconfiggere e quindi mi perseguitano”.
L’aula del tribunale Elijah Barrett Prettyman Federal Courthouse di Washington DC dove è avvenuta la formalizzazione del rinvio a giudizio dell’ex presidente, ha visto sfilare centinaia di persone davanti ai magistrati, molti proprio davanti al giudice Tanya Chutkan, che presiederà il procedimento contro l’ex presidente.
Secondo i dati forniti dal Dipartimento della Giustizia, finora sono 1060 le persone incriminate per il tentativo insurrezionale, di cui 350 per aver aggredito la polizia. Il 6 gennaio 2020 furono 140 i rappresentanti delle forze dell’ordine vittime delle violenze. L’assalto durò quasi cinque ore, dalle 12,53 alle 17,40. I morti nel corso dell’insurrezione furono cinque: Ashli Babbitt uccisa dalla polizia di Capitol Hill mentre stava tentando di sfondare una porta per raggiungere i senatori. Degli altri quattro, uno è morto per overdose e tre per cause naturali.
Quattro i poliziotti che erano di servizio si sono tolti la vita nei sette mesi successivi all’assalto. I danni alla sede del Congresso sono stati di circa 3 milioni di dollari. Ognuno dei condannati ha dovuto pagare anche duemila dollari per risarcire i danni provocati all’edificio.
Più di trecento persone sono state incriminate per aver ostacolato il processo democratico di certificazione del voto, uno dei reati più gravi assieme a quello di cospirazione sediziosa, capo d’accusa contestato a quelli considerati i leader dell’insurrezione, tra cui i capi dei gruppi suprematisti bianchi e neonazi, dai Proud Boys agli Oath Keepers. Finora sono più di 700 le persone condannate, e di queste 560 stanno scontando la sentenza.
Circa 350 sono stati rinchiusi in carcere. Secondo il database del Washington Post, la media delle condanne è di più di tre anni di carcere: chi ha ammesso le proprie responsabilità ha ricevuto, in media, una sentenza di due anni e quattro mesi di carcere. Chi non lo ha fatto, quattro anni e otto mesi. Più pesanti le condanne per quanti hanno aggredito gli agenti. Stewart Rhodes, il leader degli Oath Keepers, è stato condannato a 18 anni di carcere per cospirazione sediziosa, la pena più lunga inflitta a un imputato del 6 gennaio. Peter Schwartz della Pennsylvania è stato condannato a poco più di 14 anni di carcere. Schwartz è stato giudicato colpevole a dicembre per 10 capi d’accusa, tra cui quattro reati di aggressione, resistenza o impedimento agli agenti con l’utilizzo di un’arma pericolosa.