Un gruppo di danzatori aztechi è stato fermato al confine messicano dalla dogana statunitense, che ha confiscato loro oltre 1.500 piume tradizionali provenienti da anatre, fagiani, pappagalli, colombe, tacchini, emù, falchi, ara e corvi. Non si tratta di souvenirs ornitologici ma di ornamenti antichissimi – anteriori persino all’approdo di Cristoforo Colombo in America – indossati come oggetti sacri durante le danze rituali.
Il gruppo “Danza Azteca Tenochtitlàn”, con sede a Los Angeles, è formato dai membri della famiglia di Ruby Marek e altri danzatori, spesso invitati ad esibirsi in eventi come quello della celebrazione del Nuovo Anno Azteco, in cui performer provenienti da tutta la nazione si riuniscono a San Jose in California.
L’incidente con la dogana risale allo scorso marzo: il gruppo aveva appena fatto una piccola tappa in Messico per prelevare un familiare (nonché danzatore) all’aeroporto di Tijuana. Recuperati tutti i componenti, la destinazione finale era proprio San Jose. Ad attenderli al valico frontiera di San Ysidro erano però le autorità doganali USA, che dopo una perquisizione sommaria hanno notato l’ingente quantitativo di penne e deciso di requisirle.
Il motivo del sequestro – secondo quanto sostiene l’agenzia federale della dogana – è che i ballerini non avevano alcun permesso per il possesso delle piume (che la legge statunitense concede, in via straordinaria, ai soli Nativi Americani). A questo si aggiunge l’accusa di maltrattamento di animali in base al Migratory Bird Treaty Act, che tutela gli uccelli selvatici e gli esemplari in via di estinzione.
Dal canto loro, i danzatori sostengono che non si tratti di piume strappate da uccelli vivi o in via di estinzione, bensì prelevate (come impone la tradizione) da uccelli che le perdono naturalmente durante la muta del piumaggio o ancora da volatili deceduti. In sostanza, senza recare alcun danno all’animale.
“L’unica cosa che facciamo è esprimere la tradizione in modo artistico e creativo”- ha dichiarato Marek a Noticias Telemundo Los Angeles. “Vorrei avere il diritto di mostrare la mia cultura e la mia religione senza essere trattata come una criminale. Alcune delle cose che piacciono alla comunità sono le nostre piume e l’abbigliamento tradizionale”. E ha aggiunto, chiosando in maniera sarcastica: “Vogliono tarparci le ali”.
Spinta dall’orgoglio e dalla volontà di difendere le proprie origini, la famiglia di Marek ha quindi presentato una denuncia al Dipartimento dell’Interno degli Stati Uniti. Sostengono che sia stato violato il loro diritto costituzionale di praticare la propria religione. E avanzano due richieste: 1 milione di dollari di risarcimento a persona. E, ça va sans dire, la restituzione delle loro piume.