Una storia da brividi arriva dal Nebraska. Una ragazza di 19 anni, dopo essere inavvertitamente rimasta incinta, ha preso la pillola abortiva e, liberatasi del feto, ha provato a bruciarlo.
Celeste Burgess e sua madre, Jessica Burgess, 42 anni, sono state accusate di “occultamento illegale di resti umani” dopo che la polizia ha ottenuto i loro messaggi privati su Facebook in cui discutevano di come “bruciare le prove” della gravidanza una volta interrotta.
I pubblici ministeri hanno spiegato nel dettaglio che la madre aveva ordinato pillole per l’aborto online e le aveva date a sua figlia nell’aprile del 2022, quando Celeste Burgess aveva 17 anni e si trovava al settimo mese di gravidanza.
Terminato il processo e con i resti del feto ancora tra le mani, le due hanno poi deciso di seppellirlo, sperando non venisse mai ritrovato.
La ragazza è stata condannata a 90 giorni di carcere, cui si aggiungeranno due anni di libertà vigilata, mentre la madre rischia di finire dietro le sbarre per cinque anni, dopo essersi dichiarata colpevole di aver violato la legge sull’aborto del Nebraska, aver fornito informazioni false a un ufficiale di polizia e aver rimosso o occultato “resti umani scheletrici”.
L’indagine della polizia sui Burgess è iniziata prima che la Corte Suprema rovesciasse Roe v. Wade nel giugno 2022. Il caso ha però attirato l’attenzione dell’opinione pubblica dopo che la Corte ha emesso la sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, alimentando il timore che le donne che vogliono abortire, così come chi decide di aiutarle, possano essere perseguiti penalmente.
All’epoca dei fatti, il Nebraska aveva una legge che vietava l’aborto dopo le 20 settimane dal concepimento, ma a maggio il governatore repubblicano Jim Pillen ha firmato una nuova norma che riduce il termine rendendolo illegale dopo 12 settimane.