Il figlio del presidente Joe Biden, Hunter, ha patteggiato un verdetto di colpevolezza per violazioni fiscali per non aver pagato tasse federali sul reddito e per aver acquistato illegalmente una pistola. Chris Clark, avvocato di Hunter Biden, ha detto “Con l’annuncio dei due accordi tra il mio cliente e l’ufficio del procuratore federale per il distretto del Delaware, l’indagine è stata risolta”.
Come parte dell’accordo, reso pubblico questa mattina, Hunter Biden rimborserà con gli interessi l’ufficio delle tasse IRS per la violazione fiscale, circa un milione e 200 mila dollari, e non richiederà la restituzione della pistola che gli era stata sequestrata dagli agenti federali dopo che si era scoperto che era stata illegalmente acquistata non dichiarando nel modulo d’acquisto di essere tossicodipendente. La pistola, una Colt Cobra 38 special, era stata acquistata nell’ottobre 2018.
L’accordo che dovrà essere approvato da un magistrato federale, pone fine a un’indagine di anni del Dipartimento di Giustizia sul secondo figlio di Biden. Esperti legali intervistati dalla CNN affermano che molto probabilmente con il patteggiamento eviterà la prigione. Non è stato detto quando Hunter Biden dovrà andare in tribunale per formalizzare la dichiarazione di colpevolezza.
Il patteggiamento è stato fatto mentre i repubblicani al Congresso portano avanti le proprie indagini su Hunter Biden, le sue finanze, i suoi investimenti e l’esame dei pagamenti esteri. Arriva anche pochi giorni dopo che un’accusa di 37 conteggi è stata lanciata contro l’ex presidente Donald Trump per aver gestito male documenti riservati nella sua tenuta in Florida, un altro caso con implicazioni politiche ancora più drammatiche.
L’attorney general Merrick Garland al momento del suo insediamento al dipartimento di Giustizia aveva confermato il procuratore del Delware scelto ai tempi dell’amministrazione alla guida del caso sul figlio del presidente democratico i cui affari sono da anni obiettivo di accuse da parte di Donald Trump ed i suoi alleati.

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L’inchiesta sul secondo figlio di Biden è stata avviata nel 2018, e le diverse accuse contro l’uomo d’affari, con diversi legami in Paesi caldi all’estero, tra i quali Cina ed Ucraina, sono stati al centro della campagna per la rielezione di Trump. Del resto il ruolo di Hunter nella società ucraina Burisma, era stato al centro delle pressioni che Trump fece sull’allora appena insediato Volodymyr Zelensky nella complessa vicenda del Kievgate che portò al primo impeachment di Trump nel 2019.
Garland aveva più volte reiterato che della vicenda era stato incaricato il procuratore David Weiss il quale aveva la totale autonomia per decidere se incriminare veramente il figlio di Biden per reati fiscali e per aver dichiarato il falso riguardo all’acquisto di un’arma. Vista la delicatezza del caso, Garland ha assicurato che non vi sarebbero state interferenze politiche e che avrebbe lasciato a Weiss la completa supervisione.
L’indagine sull’evasione e sul possesso illegale di armi da fuoco era iniziata quando Donald Trump era alla Casa Bianca ed era stata ordinata dal ministro della Giustizia William Barr, che l’aveva assegnata a un procuratore nominato proprio dal presidente repubblicano.
Nella sua biografia “Beautiful Things” il figlio del presidente confessa la sua lunga dipendenza da alcol e droghe, il suo conflitto interiore, le sue paure, la sua fragilità e fa anche alcune considerazioni sull’ex presidente, “Trump credeva di potere distruggere me per colpire mio padre”.
Nella sua carriera di consulente e lobbista il figlio di Biden ha inanellato una serie di rapporti d’affari con soggetti controversi, a cominciare dalla società energetica ucraina Burisma, il cui fondatore è stato accusato di corruzione, le cui vicende erano al centro del Kievgate. Ha anche lavorato per Gabriel Popoviciu, uomo d’affari rumeno accusato di corruzione.
In Cina poi ha fatto affari con il magnate del petrolio Ye Jianming ed il suo socio Patrick Ho che nel 2018 è stato condannato Southern District di New York per aver cercato di pagare tangenti ai funzionari governativi in Ciad ed in Uganda. Lo stesso tribunale, sempre nel 2018, ha condannato un altro ex partner di Hunter Biden, Devon Archer, per accuse, non collegate, di frode.
Nell’ambito di questa inchiesta, sono emersi dei documenti bancari che provano pagamenti arrivati dall’estero al figlio del presidente eletto. Proprio questi pagamenti sono finito sotto l’attenzione degli inquirenti della procura newyorkese, dopo che la condanna di Archer è stata prima sospesa da un altro giudice e poi, il mese scorso, confermata in appello.
Infine, altri problemi fiscali più recenti: lo scorso luglio il distretto di Columbia ha contestato ad Hunter Biden tasse non pagate per 453mila dollari, irregolarità che il figlio dell’allora candidato democratico ha subito sanato.