“Milioni di ragazze ucciderebbero per questo lavoro”.
È il 2006 e nelle sale cinematografiche esce Il Diavolo veste Prada – un racconto (romanzato) di cosa voglia dire lavorare come assistente della riverita e spietata direttrice di Vogue America, sacro Graal della moda mondiale.

17 anni dopo, tuttavia, la fantasia si è tramutata in cronaca. La caporedattrice della più autorevole rivista fashion, Anna Wintour – che nel film viene chiamata ‘Miranda Priestly’ e viene impersonata da una magistrale Meryl Streep – è infatti alla ricerca di una nuova assistente.
L’annuncio di lavoro (invero rivolto a entrambi i sessi) è comparso qualche giorno fa sul sito web di Condé Nast. Lo stipendio è compreso tra i 60.000 e gli 80.000 dollari all’anno – anche se chi ha ricoperto la posizione in passato sostiene di aver ricevuto un salario iniziale inferiore.
Tra i compiti quotidiani della new entry vengono menzionati esplicitamente la gestione del calendario, lo smistamento di telefonate ed e-mail e l’assistenza nell’organizzazione delle riunioni.
I dubbi principali riguardano però le condizioni di lavoro – che nel film inducono la giovane Andy Sachs (Anne Hathaway) a licenziarsi.
Nelle pagine di Anna, biografia non ufficiale di Wintour, un’ex assistente sostiene di aver perso ben due chili nelle prime due settimane di lavoro, mentre un’altra ha raccontato che le era stato detto di non lasciare mai la sua scrivania, nemmeno per andare in bagno, se non c’era un’altra assistente a coprirla.
L’austerità e i cattivi modi della caporedattrice le sarebbero perciò valso il soprannome di “Wintour nucleare” e “Wintour del nostro scontento” (entrambi ispirate all’assonanza tra Wintour e ‘winter’, ossia inverno). Accuse che, secondo la giornalista britannica-statunitense, sarebbero però state grandemente esagerate.