“Trump è un testimone contro sé stesso. Nessuno è al di sopra della Giustizia. Neanche l’ex presidente degli Stati Uniti”. Con queste parole pronunciate dall’avvocata Roberta Kaplan, che rappresenta la giornalista e scrittrice E Jean Carroll, è calato il sipario al processo in cui Donald Trump è accusato di stupro e diffamazione.
E. Jean Carroll ha accusato Trump di averla violentata in uno spogliatoio del grande magazzino Bergdorf Goodman a metà degli anni ’90. Entrambi gli avvocati hanno fatto le arringhe. Roberta Kaplan nei 75 minuti della sua requisitoria, ha ricordato alla giuria che la difesa dell’ex presidente sarebbe quella di una vasta cospirazione contro di lui”. “Donald Trump – ha detto l’avvocata rivolta ai giurati – vuole e ha bisogno che voi ignoriate tutte le testimonianze che avete sentito in questo caso”.
L’avvocato di Trump, Joe Tacopina, che non ha chiamato testimoni, ha descritto nella sua requisitoria le accuse come improbabili perché il grande magazzino era un luogo pubblico e Trump era già famoso. “È la storia più ridicola e disgustosa. È tutto inventato” ha detto ai giurati Joe Tacopina. Trump da parte sua ha negato ogni illecito e ha definito le accuse una “bufala”.
Trump, tuttavia, non si è presentato durante le due settimane di processo a Manhattan e domenica ha rifiutato la sua ultima possibilità di testimoniare. Carroll chiede una serie di risarcimenti per il momento ancora non definiti. La giuria è composta da sei uomini e tre donne, tutti impassibili nel mostrare raramente i loro veri sentimenti durante le testimonianze. Ora la parola passa ai giurati che da domani mattina dopo le 10 cominceranno a deliberare.

Un procedimento giudiziario di diritto civile per accuse criminali dopo che New York lo scorso anno aveva approvato l’Adult Survivors Act, un provvedimento della durata di un anno che dava facoltà alle vittime di abusi sessuali di poter citare in giudizio, ma solo per chiedere il risarcimento dei danni, le persone che in passato le avevano aggredite sessualmente anche se i termini per la denuncia erano scaduti. In pratica se Donald Trump dovesse essere riconosciuto colpevole dovrà pagare i danni, ma non rischierebbe il carcere.
Un verdetto di colpevolezza inevitabilmente influenzerebbe anche l’elettorato e condizionerebbe la sua aspirazione di tornare alla Casa Bianca. Poiché poi il procedimento è di diritto civile gli standard per un verdetto sono differenti. Il procedimento penale richiede ai giurati di esprimere il parere al di sopra di ogni ragionevole dubbio, mentre nel procedimento civile i giurati debbono esprimere la loro decisione in base alla preponderanza delle prove e delle testimonianze. Il che significa che la giuria può pronunciarsi a favore di Carroll se ritiene che l’incidente “probabilmente” si sia verificato, piuttosto che decidere che si sia verificato “oltre ogni ragionevole dubbio”.
“Sono qui perché Donald Trump mi ha violentata e, quando l’ho scritto il libro “What Do We Need Men For? A Modest Proposal” ha detto che non era vero, che non era mai successo. Ha mentito e distrutto la mia reputazione. Sono qui per cercare di riprendermi la mia vita”, ha detto E Jean Carroll nella sua testimonianza puntando il dito contro l’ex presidente quando la settimana scorsa si era seduta sul banco dei testimoni.
Trump, invece, non ha voluto confrontare in aula la sua accusatrice. Aveva preferito, come nel suo stile, usare la sua piattaforma social dicendo che la donna aveva inventato “una truffa” e aveva lanciato una “caccia alle streghe”. Affermazioni che avevano spinto il giudice Lewis Kaplan ha definirle “del tutto inappropriate” avvertendo l’avvocato Tacopina di dire al suo cliente che se l’ex presidente aveva qualcosa da dire poteva testimoniare. E, come detto, Trump non si è presentato.
Poiché si tratta di una causa civile, Trump non può essere ritenuto colpevole di un crimine. Il verdetto si svolge in due fasi: la prima per stabilire se le accuse mosse da E Jean Carroll siano o non siano credibili. Se dovessero essere ritenute credibili si passerà alla seconda fase, quella della penalizzazione del danno arrecato. E qui l’ex presidente rischia molto, perchè E Jean Carroll dopo aver scritto questa sua brutta esperienza nel suo libro, è stata licenziata dalla rivista Elle, ed ha avuto una vita sociale danneggiata per gli sberleffi di Trump.
Ma soprattutto se la giuria dovesse ritenere Trump responsabile di aver commesso un’aggressione sessuale per lui sarà un terremoto politico. Niente del genere è mai successo a un candidato alla presidenza e tantomeno a un ex presidente. No, Trump non finirà in prigione ma il danno che un verdetto di colpevolezza potrebbe arrecare alla sua candidatura potrebbe essere devastante politicamente ed economicamente. E da domani i giurati decideranno il suo futuro.