Con la morte della Regina Elisabetta II (settembre 2022) e l’avvicinarsi dell’incoronazione del nuovo Re Carlo III (6 maggio 2023), la Gran Bretagna ha visto riattivarsi gli interrogativi del movimentismo Repubblicano, sebbene sia ancora una minoranza nella popolazione. Gli intellettuali inquisitivi si interrogano soprattutto sulle ragioni del veto di segretezza imposto da secoli sulle questioni finanziarie della casa reale e il quotidiano The Guardian fornisce interessanti spunti di riflessione.
Sin dalla scomparsa del Principe Filippo (aprile 2021), alla richiesta del Guardian di rendere pubblica la successione ereditaria di Re Carlo III, il team investigativo del giornale si è trovato davanti un solido sistema, organizzato per non produrre informazioni e perpetuare la segretezza sulle tematiche finanziarie della Corona. Segretezza che fa rima con privilegi. “La riservatezza è necessaria a rafforzare la protezione della vita privata di questo gruppo unico di individui, al fine di proteggere la dignità e la posizione del ruolo pubblico del sovrano e di altri intimi membri della sua famiglia”, ha dichiarato recentemente Buckingham Palace.
Una legge specifica del 1800 sancisce che il “testamento del monarca rimanga segreto”. Ma l’indagine ha scoperto che a godere di questo privilegio non sono soltanto le ultime volontà dei monarchi: ben 33 testamenti del ‘cerchio magico’ dei reali nell’ultimo secolo sono stati coperti dallo stesso segreto, in un paese dove i testamenti per legge devono essere pubblici. Un modo per evitare il pagamento della tassa di successione nella legalità di una legge di due secoli fa.

Nel 1760 Re George III siglò un accordo con il governo per ricevere una quota annuale in cambio della cessione di tutte le proprietà reali che andarono a formare la ‘Crown Estate’, uno dei più grandi possedimenti nel Regno Unito, di cui fanno parte oltre 500 proprietà nel centro di Londra e altre città, centinaia di ettari di terra coltivata e foreste, più del 55% delle spiagge del Regno Unito, ippodromo di Ascot e la proprietà di Windsor. Le proprietà, passate nelle mani dello Stato nel 1760, oltre a generare profitti per le casse dello Stato, garantiscono una quota di rendita ai reali chiamata ‘Civil List’, soggetta ad approvazione annuale del Parlamento.
Questo sistema ha subito delle modifiche da parte del premier conservatore David Cameron che ha introdotto nel 2011 il ‘Sovereign Grant’, che oltre a garantire una rendita maggiore alla casa reale, ha proibito il dibattito Parlamentare. In tal modo, senza nessun controllo politico, la quota devoluta alla regina dal 15 % dei profitti della Crown Estate, è arrivata, nel 2017, al 25% senza discussione parlamentare, né di mass-media, né di pubblico. Lo scorso anno finanziario il profitto a favore dei reali è stato calcolato in 87.3 milioni di sterline esentasse.
Ma la ‘Sovereign Grant’ non è l’unica fonte di rendita dei monarchi. La loro ricchezza è dovuta anche alle rendite prodotte dal Ducato di Cornovaglia (52.000 ettari) e dal Ducato di Lancaster (18.000 ettari) che insieme garantiscono una rendita annua di oltre 50 milioni di sterline su cui ‘volontariamente’ la Regina ha deciso di pagare le tasse, il cui importo è comunque segreto. Altri guadagni provengono dalle tenute di Sandringham e Balmoral. Una ricchezza, quella reale, stimata intorno ai 370 milioni di sterline di rendita annuale, per lo più esentasse.
Altro aspetto rilevato dal Guardian è la confusione che esiste in merito ai regali di stato che per legge, dovrebbero appartenere allo Stato e non alla collezione privata dei reali, come invece sembra accadere. Anche su questo vige un ermetico segreto. Non è segreto invece il costo del servizio di sicurezza fornito dallo stato ai reali e che ammonta a 345 milioni di sterline annui.
Le questioni finanziarie della monarchia ed il gravoso peso sulle tasse dei cittadini, si intrecciano inevitabilmente con la questione politica. Sin dalla formazione dello Stato britannico la monarchia ha assunto un ruolo ambiguo dovuto alla mancanza di definizione precisa del ruolo dei reali: se da una parte alla monarchia è richiesta una posizione di neutralità politica, dall’altra, alla stessa monarchia è richiesto di essere attiva e di esprimere la propria opinione politica durante gli incontri settimanali del monarca con il primo ministro del governo britannico di turno.
Mentre la Regina Elisabetta ha saputo mantenere un certo equilibrio evitando di esporre le proprie opinioni pubblicamente, l’arrivo del Re Carlo potrebbe dare uno scossone alla stabilità del sistema monarchico, a causa della sua reputazione di ‘grande esternatore’. E i sudditi potrebbero cominciare a chiedere “Caro Re Carlo, rendi pubbliche le tue ricchezze prima delle tue opinioni”.